Funeral Oration «Eliphas Love» (2019)
Recensione
Ritornano i Funeral Oration, una band da me nota per essere accomunata a Fabban degli Aborym (che in realtà ci suonò per un anno molto tempo fa) e anche perché il loro primo album è di fatto per me totalmente irreperibile. Oggi, dopo 23 anni i Funeral Oration ritornano con il loro secondo album, questo “Eliphas love” che condensa sei brani più intro i poco meno di 37 minuti di musica. Un’operazione temeraria, perché ripartire dopo tanti anni di inattività è come far ripartire una macchina ferma da altrettanto tempo: probabilmente va tutto bene, ma basta poco a rovinare tutto. E come se la cavano i Funeral Oration? In poche parole, bene ma non al top.
“Eliphas love” infatti suona strano. Suona come certe bands BM di tanti anni fa, cioè con una vena senz’altro ispirata e ruvida, ma anche con un po’ di stili musicali sfumati e meno definiti, che fanno tanto pensare a quell’ingenuo ingegno di fondo che a volte appariva nei migliori album di quel tempo, e questo è senz’altro positivo, solo che i Funeral Oration da questo stile desueto prendono senz’altro i punti positivi, ma ci aggiungono anche i punti negativi, che nella fattispecie si traducono in qualità sonora deficitaria, che sacrifica chitarre e bassi in favore di tastiere, una voce più declamante che cantata (visto che più che seguire una metrica declama le sue bestemmie come se stesse facendo un discorso), e soprattutto una batteria dai suoni così freddi, meccanici e sottili, che sinceramente suona molto finta. Inoltre, qua e là i Funeral Oration usano arrangiamenti (di nuovo) strani, dove la band cade in qualche errore tipico delle band con poca esperienza, come una base musicale che continua a fare le proprie partiture soliste anche quando The Old Nick sta cantando, col risultato che i brani vanno a incasinarsi un po’, come nella opener “Furor eretico”. Ne risulta dunque una band che sembra davvero essersi ibernata, e che suona con la stessa vivacità immatura di certo black metal d’epoca, carino sì, ma non certo perfetto.
Detto questo, però, va anche detto che “Eliphas love” a volte convince bene: i punti d’immaturità ci sono e ok, ma non si può fare a meno di notare che le belle parti ci sono, come i due brani conclusivi, dove “Tregenda” si fa notare per essere più a fuoco e maggiormente convinta, come l’eccellente stacco a 4’30” circa, o con la furente “Vuoto mistico”, un po’ barocca, un po’ drammatica e comunque che ci convince. È da notare anche la strana strumentale “Marcia funebre”, un brano che davvero sembra metal neoclassico estremo e dove la band fa notarsi anche quando cerca di variare il proprio sound, anche se secondo me la verità sull’efficacia del sound dei FO è dato da “L’abisso”, che comincia molto bene, e che finisce invece con un qualcosa tipo finale di brano di musica classica, ma finisce per farlo solo in maniera un po’ caotica e mica tanto convincente.
Insomma, “Eliphas Love” è un album riuscito, ma solo fino a un certo punto. Possiede un certo potenziale, la band riesce nei due brani succitati davvero a farci sentire un metal estremo che suona molto più naturale e che ci ripropone convinzioni e stili musicali desueti che ci piacciono, ma inevitabilmente per me ci sono anche battute a vuoto che ne minano la riuscita. Non si riesce tanto a capire se la band suona così di proposito e deve solo concentrarsi sul proprio potenziale, o se piuttosto i momenti di stanca e di “Non a passo coi tempi” stanno affiorando. Vediamo un po’ cosa succede in futuro.
Track by Track
- Intro S.V.
- Furor eretico 65
- Anatemi di Zos 65
- L'abisso 65
- Marcia funebre 70
- Tregenda 75
- Vuoto mistico 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 60
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 70
- Tecnica: 70
Giudizio Finale
69Recensione di Snarl » pubblicata il 18.09.2019. Articolo letto 1484 volte.
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