Hands of Orlac «Figli del Crepuscolo» (2014)
Recensione
Strano questo secondo album degli italo/svedesi Hands of Orlac, band in precedenza romana ma trapiantata a Malmo, Svezia, e che arriva con questo album al suo secondo capitolo della discografia, che condensa 6 tracce più intro per quasi 44 minuti di una musica sommariamente definibile come doom metal.
Strano perché in linea di massima gli HoO mostrano quello che sanno fare nella bella “Noctua”, dotata di un potente mid tempo simile a qualcosa dei Bathory di metà carriera, e ad una “Ghost Story” interessante nelle parti doom iniziali vistosamente influenzate dai Black Sabbath, per poi evolvere in maniera pregevole con una seconda parte più mossa e in stile Heavy Metal, molto alla Iron Maiden del primo album. Questo per sottolineare gli highlights di “Figli del Crepuscolo”. Il problema è che le altre canzoni non vanno neanche vicino agli standard qualitativi di queste ultime, perché semplicemente c’è qualcosa che non le fa risplendere come le altre. In particolare, “Burning” e “A coin in the heart” soffrono di una struttura poco convincente, dove la cantante non riesce ad eccellere, mancano ritornelli compensati da assoli che per quanto buoni alla lunga perdono un po’ di senso e alla fine i brani disorientano. Altrove, come nella conclusiva “Mill of the stone women”, avviene il contrario: è la cantante a fare un buon lavoro, con linee vocali riuscite, ma i riff sono basilari, un po’ generici, e forse anche troppo prolungati. Sinceramente, sembra che la cura nei dettagli degli HoO non sia stata la stessa in ognuna delle canzoni presentate. E non solo: la resa sonora non è brillante visto che le chitarre sono un po’ basse rispetto alla batteria e alla voce, risultando un po’ confuse a meno che non facciano riffs con sole note, e la voce a volte traballa in quanto a impostazione vocale.
In altre parole: “Figli del crepuscolo” sembra avere delle buone carte da giocare, ma sembra anche realizzato alla veloce, con un po’ tutto in verità discreto ma che poteva essere ulteriormente lavorato, che mostra il suo vero potenziale solo in qualche canzone, e che lo fa apparire come un disco di transizione, come se la band non fosse del tutto coesa. Non è un brutto album e anzi lo consiglio ai collezionisti del doom più metal, ma in verità mi aspetto un certo miglioramento per il terzo album. Fase di passaggio?
Track by Track
- I figli del crepuscolo - Intro S.V.
- Last fatal drop 60
- Burning 55
- A coin in the heart 60
- Noctua 75
- A ghost story 75
- Mill of the Stone Women 65
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 55
- Qualità Artwork: 65
- Originalità: 60
- Tecnica: 75
Giudizio Finale
66Recensione di Snarl » pubblicata il 22.03.2015. Articolo letto 1386 volte.
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