Kill Ritual «The Serpentine Ritual» (2012)

Kill Ritual «The Serpentine Ritual» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Snarl »

 

Recensione Pubblicata il:
--

 

Visualizzazioni:
1811

 

Band:
Kill Ritual
[MetalWave] Invia una email a Kill Ritual [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Kill Ritual [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina Facebook di Kill Ritual [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina Twitter di Kill Ritual [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina MySpace di Kill Ritual [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il canale YouTube di Kill Ritual [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina ReverbNation di Kill Ritual

 

Titolo:
The Serpentine Ritual

 

Nazione:
U.s.a.

 

Formazione:
Danyael Williams :: Bass
Wayne De Vecchi :: Drums
Roberto "peck" Proietti :: Guitars
Steve Rice :: Guitars (lead)
Josh Gibson :: Vocals

 

Genere:

 

Durata:
59' 4"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
2012

 

Etichetta:

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Il chitarrista e il batterista degli Imagika, una volta sciolta la band, prendono con sé in formazione un nuovo cantante, un bassista che ha fatto parte di una reunion mai funzionata dei Dark Angel, e il batterista degli italiani Eldritch (unico italiano in una band di californiani) e continuano a fare thrash contaminato da varie influenze classiche, prog e power sotto il nome di Kill Ritual. Dicono loro nella biografia.
Il risultato? Se accettate una metafora, questo disco dei Kill Ritual (11 tracce per quasi un’ora di musica) mi ha fatto lo stesso effetto di quando una persona ci prova con voi e vi vuole conoscere ma non è affatto una persona che combacia con la vostra personalità e per quanto la si possa anche considerare una persona in gamba, o non v’interessa, o non vi riguarda, o non vi colpisce oppure non condividete i gusti. È esattamente questo il caso per me. Qualità sonora curata anche se un po’ asettica e senza feeling, veste grafica buona ma non eccezionale, brani oggettivamente non brutti ma che mai mi hanno lasciato davvero qualcosa e che alla fine dell’ascolto mi hanno lasciato poco più che indifferente.
Il motivo? Forse perché in una maniera tanto semplice quanto netta i KR non mi sono mai sembrati niente di speciale e non c’è quasi nulla in questo disco che mi abbia convinto davvero. Anzitutto, ok: non si può solo pretendere un disco solo old school, ma “The serpentine ritual” a me sembra avere poco a che fare col thrash. A volte sembra un disco groove alla Pantera tipo le due canzoni d’apertura ma con voce pulita, altre volte come nelle due canzoni successive basta togliere arrangiamenti tipo la doppia cassa e a me sinceramente i brani sembrano hard rock, gradevoli ma non certo capaci di picchiare come si conviene a un disco metal, “Old school thrasher” prova a giocare la carta old school, ma non ce la fa: insiste un po’ sul groove, il brano non si sfoga e anzi va piano e anche qua, tolti certi arrangiamenti è rock/heavy metal, e se “Cold hard floor” è prima una ballad e poi una cosa a metà tra i Maiden con addirittura cose alla Bon Jovi (eh sì, questo è ciò che ci sento), i KR mostrano cosa sanno fare quando sono chiamati a picchiare di più: fanno un brano come “Coat of blood” troppo debitore al death/thrash svedese, fino a toccare lidi (odiati da me) alla Machine Head in “Prisoner of the flesh”, con una conclusione come “My neighbourhood” carina ma che è poca cosa.
E non è solo questo: il cantante, Josh Gibson, è molto bravo, ma le sue partiture vocali non brillano granché. È come se si limitasse a seguire le linee della chitarra, mentre a volte sembra il contrario, cioè le chitarre che (troppo armonizzate nei riff) seguono la linea vocale del cantante, finendo per rende il brano poco vario e statico. Non contribuisce una batteria con poca voglia di andare veloce. Lo ripeto: non che si vogliano sempre palm mute e tempi veloci, però il songwriting dei KR a me sembra spesso perdersi in lungaggini, non sembra avere molto tiro e certi ritornelli e riff (tipo il secondo di “Day of the world dies”) stonano con la voglia di spaccare tutto della band.
Insomma: proprio come l’appuntamento con la persona che non ti ha entusiasmato di cui dicevo all’inizio della recensione, questo “The Serpentine Ritual” non è affatto una cosa da buttare e da rinnegarne l’ascolto, ma comunque neanche fa per me. Per me non c’è una grave mancanza in qualche aspetto della musica dei Kill Ritual, ma comunque non trovo picchi, slanci e in ultima analisi per me questo è un disco dimenticabile, tutto sommato. Se apprezzate il thrash un po’ moderno e un po’ old school e non disdegnate il buon vecchio rock d’annata provate a dare un ascolto a questo disco, ma io lo ripeto: apprezzo la buona volontà e l’impegno tangibile ma non ne sono rimasto granché impressionato.

Track by Track
  1. The Serpentine Ritual 60
  2. Torn Down 55
  3. Time to Kill 65
  4. Ambush 65
  5. Old School Thrasher 55
  6. Cold Hard Floor 60
  7. Coat of Blood 50
  8. Law of the Land 65
  9. The Day the World Dies 55
  10. Prisoner of the Flesh 55
  11. My Neighborhood (bonus track) 65
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 70
  • Qualità Artwork: 65
  • Originalità: 65
  • Tecnica: 75
Giudizio Finale
62

 

Recensione di Snarl » pubblicata il --. Articolo letto 1811 volte.

 

Articoli Correlati

News
Interviste
  • Spiacenti! Non sono disponibili Interviste correlate.
Live Reports
Concerti