MenagraM «Seven Works of Mercy» (2023)
Recensione
Reduce dall'aver recensito quello che ritengo un ottimo album black old school, rimango fiducioso ma conscio del fatto che sia difficile ripetere l'impresa, e mi dispiace molto se non succede, perché spero sempre di poter rivivere belle sensazioni quando prendo in mano un album del genere. Il black metal è un diamante nero, quando è intenso si frantuma e scaglia le emozioni nelle profondità dell'anima, ma quando è freddo resta immobile, indissolubile, e non lascia spazio a nient'altro che la critica più sterile.
Doom Requiem è un intro circolare, accattivante e ben studiato, apre una voragine che però purtroppo rimarrà tale. Psicofonia è un brano quasi kitsch, punk/industrial alla Morgul, impersonale, si mischia in modo tossico ad una emulazione quasi spudorata di Bathory nonostante la voce femminile che spezza un po' la monotonia, non il miglior modo di presentarsi. Broken Knees ha qualcosa dei Joyless e di riflesso dei Forgotten Woods, e nonostante io abbia storto un po' il naso al primo ascolto, ho poi saputo accogliere meglio un brano in grado di aprirsi e mostrare parecchia personalità, anche grazie all'alternarsi dei puliti della Meri Papa e gli "scream" vecchio stampo. Pre e Counterfeit Image of God è un affronto all'intelligenza, inaccettabile contraffazione dell'immagine di "dio" (in questo caso Euronymous) e di un brano indimenticabile come Deathcrush, non mi importa se fatto appositamente o meno, dal titolo direi di si, ma non lo vedo scritto da nessuna parte e sono profondamente irritato, non importa quanti e quali possano essere gli sviluppi di un pezzo con queste premesse. Su Consequences c'è un po' di motosega e di cervella saltate, del sano blast per tornare agli albori, il brano di per sé è gradevole, forse un po' impersonale, ma resta uno dei migliori. Prey for the Sun riprende il brano precedente con l'aggiunta di una linea vocale frettolosa, fortuna per alcuni fraseggi di chitarra che fungono da ancora di salvataggio. Veloce, si, ma non per forza indolore.
Full Moon Madness - parte alla Burzum e improvvisamente si inviluppa divenendo Satyricon alla "Now, Diabolical", e non si tratta propriamente di un complimento. In questo caso però la voce della Meri Papa è veramente ben eseguita e piacevole, forse perché un po' calante e meno "neogotica", ma è veramente l'unica nota positiva di un brano di per sé molto approssimativo e poco ispirato.
Follow me even if I'm dead: oserei dire un punk con influenze Death fine anni '80, ci sento anche dei sonic youth in lontananza, sarà forse per questo motivo che lo ritengo il brano migliore dell'album, ed anche l'unico con un fraseggio davvero degno di nota, e ispirato, prima della strofa finale, valido. L'Outro chiude il cerchio lasciando dietro un vuoto mai riempito, sadicamente. Sono diventato forse fin troppo critico ma dopo tutto il black ha più di 30 anni, e quando sento dire "old school" mi aspetto qualcosa prima di tutto eseguito alla perfezione, la novità non è più plausibile se non a brevissimi tratti, ma perlomeno l'esecuzione deve essere perfetta. I modi migliori per rivivere i fasti del passato sono, in ordine di importanza:
1) prendere in mano una musicassetta impolverata e mettere black metal a tutto volume
2) affittare un garage o uno scantinato e preparare delle cover, per poi magari pitturarsi la faccia e sotterrare la maglietta più lurida che si ha, e infine organizzare una bella serata a tema con gli amici
3) sacrificare pollame in nome del demonio.
Sono deluso.
Track by Track
- Intro 60
- Psicofonia 45
- Broken knees 60
- Pre-Counterfeit 50
- Counterfeit Image of god 20
- Consequences 60
- Prey for the sun 50
- Full moon madness 50
- Follow me even if I'm dead 65
- Outro 60
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 50
- Qualità Artwork: 45
- Originalità: 30
- Tecnica: 50
Giudizio Finale
49Recensione di Zolgia108 » pubblicata il 24.11.2023. Articolo letto 431 volte.
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