The Mugshots «Something Weirs» (2017)

The Mugshots «Something Weirs» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Snarl »

 

Recensione Pubblicata il:
01.05.2017

 

Visualizzazioni:
1853

 

Band:
The Mugshots
[MetalWave] Invia una email a The Mugshots [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di The Mugshots [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina Facebook di The Mugshots [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina MySpace di The Mugshots

 

Titolo:
Something Weirs

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
Mickey Evil :: Vocals, Keyboards
Erik Stayn :: Keyboards
Eye-Van :: Bass
Priest :: Guitar
Gyorg II :: Drums

 

Genere:
Elitarian Undead Rock

 

Durata:
48' 56"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
2017

 

Etichetta:
Black Widow Records
[MetalWave] Invia una email a Black Widow Records [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Black Widow Records

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
Mazzarella Press Office
[MetalWave] Invia una email a Mazzarella Press Office [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Mazzarella Press Office [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina Facebook di Mazzarella Press Office

 

Recensione

Il nuovo album dei The Mugshots è definito come “Elitarian Undead Rock”, e consiste fondamentalmente in quasi 49 minuti di una musica che definisco per sommi capi come un rock che sperimenta con sonorità a volte gotiche, a volte più creepy e più raramente ariose, che solo a tratti si affaccia al metal, e il tutto condito da una pletora di ospiti perlopiù illustri, che comprendono anche Steve Sylvester, Ain Soph Aour, Tony Dolan, Freddy Delirio, Mike Browning e perfino Enrico Ruggeri. Come si può legare questo genere musicale (gothic rock, chiamiamolo così per semplicità) con le capacità compositive dei The Mugshots e una tale pletora così variegata di guests? Se lo fai, o ci troviamo di fronte a qualcosa di rivoluzionario, oppure ci troviamo di fronte a qualcosa di over-produced e over-thought, dove qualcosa tra i contributi massivi dei guests o il songwriting sbilancia tutto e oscura l’altra componente. La risposta data da “Something Weird”, purtroppo, ci dice che tutto ciò non si può legare, o che se anche si può fare “Something Weird” non è un buon esempio di tutto ciò.
La prima parte dell’album infatti (quella più scevra da guests) è quella che descrive di più le capacità proprie dei The Mugshots e che purtroppo mostra dei limiti: lo stupore iniziale di questo rock abbastanza creepy di “The circus” lascia ben presto spazio ad un ritornello incolore, riffs invero abbastanza anonimi e soprattutto ad una voce che cerca di essere grottesca ma che dopo un po’ risulta poco efficace, forse perché troppo impostata o dallo stile che non cambia granché. E se gli stessi problemi ce li abbiamo in “Rain”, è da qui in poi che escono fuori altri problemi: Punto primo: appena subentrano i guests, lo stile dei The Mugshots cambia e tutto suona molto più nello stile del guest che della band in sé. Ne siano un esempio le tastiere di Freddy Delirio, che nella quarta canzone fanno virare il brano su di una cosa tra Ghost e Death SS. Punto secondo: brani come la quinta canzone che suonano troppo diversi, scollati o messi al posto sbagliato dell’album. Punto terzo: troppe strumentali sinceramente inutili e che appesantiscono il lavoro, spesso neanche così speciali, come “Ophis”. E una volta preso atto di tutto questo, “Something Weird” si rivela per quello che è: un disco fatto da una band discreta, ma che suona appesantito da troppe strumentali e brani fuori contesto, e dove i guest finiscono per rendere poco comprensibile il valore proprio della band, i quali a volte sono francamente evitabili (Perché chiamare Tony Dolan per fargli fare fondamentalmente qualche spoken vocals su di un intermezzo?), o a volte semplicemente sovrastano la band, come Enrico Ruggeri che in “Sentymento” umilia letteralmente e surclassa Mickey Evil, finendo per farsi notare solo lui in una canzone che tra l’altro suona diversa dalle altre (troppo ariosa e distaccata da tutto il resto). Inutile la parte finale dell’album, costituita da una nona canzone che di nuovo, è avulsa da tutto il resto, da un intermezzo inutile e da una “Pain” anche bella e finalmente con una chitarra solista, ma che forse arriva tardi, quando a causa di così tante variazioni stilistiche un buon brano dei The Mugshots arriva quando l’attenzione è già scesa.
In conclusione: “Something Weird” non è affatto weird secondo me: è il frutto di una band che avrebbe anche fatto un disco decente, ma che viene penalizzato da una tracklist un po’ discutibile, da una certa voglia di teatralità invero che suona un po’ cheesy e pretenziosa, e soprattutto la cui personalità viene deformata troppo da tanti contributi esterni che vanno in direzioni differenti, rendendo quasi impossibile capire dove finisca il guest e dove comincia lo sforzo proprio della band. “Something Weird” è la prova che tanti ottimi ingredienti non bastano a fare una ottima zuppa, e per questo io non ne sono rimasto impressionato.

Track by Track
  1. Introitus - Intro S.V.
  2. The circus 55
  3. Rain 50
  4. I am an eye 55
  5. An embalmer’s lullaby Part two 50
  6. Ophis - Intermezzo S.V.
  7. Sentymento 55
  8. Scream again 55
  9. Grey obsession 50
  10. Dusk Patrol - Intermezzo S.V.
  11. Pain 55
  12. Ubique - Outro S.V.
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 55
  • Qualità Artwork: 60
  • Originalità: 50
  • Tecnica: 55
Giudizio Finale
54

 

Recensione di Snarl » pubblicata il 01.05.2017. Articolo letto 1853 volte.

 

Articoli Correlati

News
Interviste
  • Spiacenti! Non sono disponibili Interviste correlate.
Live Reports
  • Spiacenti! Non sono disponibili Live Reports correlati.
Concerti
  • Spiacenti! Non sono disponibili concerti correlati.