Cultus Sanguine «Dust Once Alive» (2023)
Recensione
Quando leggo Dark Metal mi si illuminano, o meglio oscurano, gli occhi. Penso ai Bethlehem che riempiono molte delle mie giornate, e mi immergo con piacere in queste sonorità. Ammetto la mia ignoranza, non conoscevo i Cultus Sanguine, una mancanza a cui vedrò di porre rimedio nei giorni futuri, visto il piacere che è stato ascoltare questo loro lavoro nel pieno della maturità artistica. L'impatto è diverso da quello che mi aspettavo, Dust once alive propone cambi repentini di atmosfera, è sporco di sangue, un miscuglio di industrial, post-punk e neogotico integrato sapientemente, un po' di black metal qua e la e un vocalist eccezionale che da sè rende tutto più speciale, senza nulla togliere agli altri membri. L'album ci mette un po' a carburare ma regala grandi soddisfazioni e una continuità che piano piano entra dentro e riesce plasmare l'ascoltatore. L'esperienza diventa unica anche grazie al costante dialogo di chitarra e synth, meno apprezzata la chitarra forse un po' troppo pulita in alcuni fraseggi, e quando in alcuni casi, parlo soprattutto dei due brani di mezzo (Delusion Grandeur e Forgiving is human) diventa tutto eccessivamente melodico e quasi fastidiosamente gioioso. Sister solitude saves è un caso a parte, etereo e graffiante, nulla è fuori posto e il male ti inonda in un intenso amalgama strumentale. Particolarmente apprezzato il synth sul finale a sfumare lento e inesorabile, un tocco di classe. Da sottolineare che in ogni brano la voce riesce a bilanciare e a donare le vibrazioni giuste, anche quando il synth va così in alto da sembrare la colonna sonora di un film della disney (delusion grandeur). Forgiving is human, con un titolo che non promette bene, mischia la Masquerade Infernale a Morgul e fraseggi anni '80. The Greatest of Nothing si presenta con una tastiera stupenda, evocativa, ispirata, e quando la voce si unisce alla festa tutto esplode nel brano forse più bello dell'album, è notevolee anche il solo di chitarra e credo, senza esagerare, che sia uno dei migliori brani dark metal all'italiana che io abbia mai ascoltato. An Uncried Funeral è il pezzo più alla Bethlehem, e per questo automaticamente adorato, rimane impressa la lotta tra chitarra e synth, un tratto fortemente distintivo della band, che nella sua unicità delinea alla perfezione i confini della band, una band assolutamente matura e conscia delle proprie capacità creative. Gli uomini vuoti, quasi alla Death Triumphant, è un cantico emozionale dedicato al dolore, interamente in italiano. Questo inno al dolore lo eleva fino a misticizzarlo, esso diviene il protagonista, contornato da una musica che ha come unico scopo quello di liberarlo, far sì che penetri in ogni parte del corpo dell'adcoltatore. Days fall from life è infine, nel suo gusto quasi retrò, un brano nostalgico adornato come sempre da una voce magistrale, che lascia un sapore antico, degno della fine di un viaggio nel cuore di una band che affonda le sue radici nell'oscurità. Molte sono le emozioni, molte le immagini rimaste in testa, Dust Once Alive è teatro, tetro, macabro, soffocante, a volte persino allegro, è un sorriso spezzato, è fatto di grumi di sangue nero, di maschere nella notte, è l'esercito di un negromante che avanza.
Track by Track
- Facing vulture season 75
- Dust once alive 75
- Sister solitude save 85
- Delusion grandeur 60
- Forgivin is human 70
- The greatest of nothing 90
- An uncried funeral 85
- Gli uomini vuoti 85
- Days fall from life 85
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 85
- Qualità Artwork: 80
- Originalità: 85
- Tecnica: 85
Giudizio Finale
80Recensione di Zolgia108 » pubblicata il 07.04.2024. Articolo letto 1089 volte.
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