Italicus Carnifex «Eternal Sickness» (2024)

Italicus Carnifex «Eternal Sickness» | MetalWave.it Recensioni

Autore:
Wolverine »

Recensione Pubblicata il:
15.03.2025

Band:
Italicus Carnifex

Titolo:
Eternal Sickness

Nazione:
Italia

Formazione:
- Mattia Milito :: bass;
- Beniamino Maiello :: guitar;
- Massimo Tamburini :: vocals;
- Marco Testino :: guitar;
- Massimo Calzolari :: drums;

Genere:
Thrash Metal / Hardcore

Durata:
39' 8"

Formato:
CD

Data di Uscita:
19.03.2024

Etichetta:
Ad Noctem Records

Distribuzione:
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Agenzia di Promozione:
Cerberus Booking

Recensione

Il secondo album dei bolognesi Italicus Carnifex è questo “Eternal Sickness”, un disco che si caratterizza moltissimo per groove miscelato ad un thrash metal vecchio stampo racchiuso in effettive sette tracce se dalle nove togliamo intro e outro. Forte di una ritmica decisa e prepotente, unificata a riff coesi e diretti e da un immancabile acido scream, il quintetto cerca di mettere a punto le proprie fatiche per dare impulso, con una certa determinazione, a tutto il proprio potenziale. Ed in effetti l’obiettivo sembra in parte riuscire soprattutto grazie alla forza e alla grinta che si propaga nelle tracce ma a lungo andare ci si rende conto che le cose funzionano ma per metà. In sostanza, sembra che le chitarre svolgano un ruolo che convince poco forse dato dal concentrarsi per fare un po' come dire...troppo rumore per nulla ponendo in essere motivi che poco paiono confacenti alla struttura dei brani. Mi vengono un po’ in mente i vecchi Hate Squad alle prime armi che tanto sembrano fare ma stringendo, la minestra era un po’ sempre la stessa. In effetti, la prima traccia pare dare una certa carica ma l’impressione dura poco essendo il tutto similare un po' ad un fuoco d’artificio che arrivato all’apice, rallenta e si spegne. Una traccia assolutamente poco attraente è poi “Sarmat” forse un po’ troppo confusionaria per il settaggio delle chitarre e ancora “Apocalypse” poco obiettiva a cagione della ritmica; mentre per la successiva “Kill The Judge”, inizialmente interessante, sembra poi perdersi un po’ quel senso di orientamento imposto all’inizio al punto da diventare quasi monotona e noiosa. Un po’ meglio vanno le cose con “Life I s A Bitch”, brano dinamico che alterna momenti tirati ad altri appena più moderati; tirando le somme, il disco cerca di esibire i propri artigli ma spesso questi ultimi non riescono a ferire a cagione di qualche imprecisione di troppo che in definitiva finisce per penalizzare un po’ tutto. Probabilmente, una maggiore cura anche nella produzione, avrebbe portato ai risultati previsti ma per il momento dovremmo attendere il prossimo lavoro della band che sicuramente sarà quello decisivo.