Horizon Ablaze «Dødsverk » (2014)

Horizon Ablaze «Dødsverk» | MetalWave.it Recensioni

Autore:
Carnival Creation »

Recensione Pubblicata il:
03.02.2014

Band:
Horizon Ablaze

Titolo:
Dødsverk

Nazione:
Norvegia

Formazione:
Andrè Kvebek (ex-1349, Den Saakaldte) - Vocals
Stian Ruethemann – Guitars, Vocals
Ole Bent Madsen (Blood Red Throne) - Bass
Shandy McKay (ex-Absu, Pantheon-i) – Guitars
Kevin Kvale – Drums

Genere:
Extreme Metal

Durata:
32' 19"

Formato:
CD

Data di Uscita:
24.02.2014

Etichetta:
Code666

Distribuzione:
Aural Music

Agenzia di Promozione:
Aural Music (Promotion)

Recensione

Ritornano dopo il precedente ‘Spawn’ (2011) i norvegesi Horizon Ablaze i quali, con l’ultima loro fatica chiamata ‘Dødsverk’, intendono continuare imperterriti a prenderci a cazzotti in faccia, cazzotti sonori ma ugualmente massicci.
Cosa potreste aspettarvi da una band che conta tra le sue fila l’ex singer dei 1349, l’attuale bassista dei Blood Red Throne e l’ex chitarrista degli Absu (e attuale dei Panteon-i)? A casa mia probabilmente un signor album Death/Black o simili, magari non eccessivamente originale ma costruito con estrema classe. Diciamo che non ci sono andato poi così lontano viste le indubbie influenze Black Metal che il Kvebek si porta dietro dal passato e dei pesanti riff cui contribuisce il Madsen con le low frequences contribuendo a quel muro di suono che tanto ci piace.
‘Dodsverk’ ha la particolarità di essere cantato quasi esclusivamente in lingua madre e di risultare, nonostante tutto, fresco fin da un primo ascolto. Dopo l’agghiacciante (e incredibilmente azzeccato intro) ‘Leviatan ‘ fa il suo signor ingresso in qualità di opener presentando un po’ quello che ci terrà compagnia per una mezzoretta appena superata: urli disumani (quelli di ‘Der Untergang’ fanno accapponare la pelle), fiumi di blast beat, inarrestabili ritmi intrecciati con riff infuocati e il tutto non certo scevro da molteplici influenze che vanno a toccare gli stili di cui sopra ma anche sfiorando momenti acustici (tra i quali l’outro, sebbene non particolarmente interessante, e parte della buona ‘Skjaersild’).
Un album così furioso evidenzia per bene un imperituro entusiasmo che regna sovrano nell’operato di un quintetto davvero d’eccezione.
Roba buona.