Noisekraft «The Neverending Nothing» (2015)
Recensione
Progetto solista intitolato “Noisekraft” creato dall’ingegno del giovanissimo e profondo Marco Cella in ambientazione Dark, Shoegaze, post-metal e anti-folk che ci fa percorrere, in un clima assolutamente grigio e buio, un enigmatico viaggio immerso nella propria profondità d’animo mostrandoci un aspetto quasi infelice, malinconico, pregno di sofferenza, di rimpianti, di qualcosa di contorto e irrazionale. Si ha l’impressione di percepire un flusso di sentimenti vario e non definito che questo artista, ben coraggiosamente, riesce ad ammettere avvalendosi di questa specie di comunicatore di sensazioni umane musicalmente traslate chiamato “Noisekraft”. Dal sound generato si percepisce facilmente la profondità d’animo di questo artista il quale, in sostanza, proietta intimamente i suoi sentimenti sulla musica in base alle esperienze quotidianamente vissute. I brani, classificati tutti in “Act” non ordinati numericamente, si alternano tra parti cantate dalle quali l’artista lascia trapelare delle frasi quasi incomprensibili se non lette direttamente dai testi, ma che riflettono pienamente la propria condizione psicologia e malinconica ben sviluppata all’interno di un sound pregno di effettistica e synth. Vi sono delle eccezioni come nel caso dell’Act IV intitolato “Black Under Indigo” che, rappresentando il brano più lungo del disco, propone un accompagnamento acustico quasi da compagnia poi a tratti falciato dal buio effetto synth per poi ritornare alla propria origine, mutare con sound acustico effettato, per poi in conclusione restare travolti nuovamente dal vortice elettronico. Riflessiva è il Act I “Loode” dove il vento che soffia porta l’immaginazione dell’ascoltatore allo scenario di una collina grigia e buia dove i rumori in synth lasciano avvolgere i pensieri che vengono spazzati via. Sempre con un Act IV intitolata questa volta “Amnios/He’s Gone Away”, una cover ripresa dall’artista da un ignoto autore americano, viene interpretata in una versione ovviamente rivisitata e personalizzata in synth chitarra acustica con un cantato miscelato e soffuso. Di impatto sempre emotivo è anche il brano Act III intitolato “The Breath” il cui effetto generato dalle corde della chitarra con una sorta di eco appare essere molto profondo anche per l’aggiunta dell’effetto sintetizzatore le cui note dal tratto profondo riescono per a colpire nel segno; anche in questo brano si ha una sorta di recitazione di frasi da dover necessariamente leggere per poter apprenderne la pienezza. Il lavoro, nella sua particolarità, evidenzia la profondità dell’autore e del suo inconscio che vengono riflessi compiutamente nel disco in maniera impeccabile grazie sia al sound generato che alla capacità e profondità che restano comunque considerate dall’autore stesso come una sorta di opera teatrale dove si manifesta il conflitto tra il reale e l’irreale.
Track by Track
- Act IV Sleeping Tabs 65
- Act III The Breath 70
- Act II The Lighthouse 65
- Act I Loode 75
- Act IV Amnios He's Gone Away (Cover) 70
- Act IV Black Under Indigo 65
- Act V Christmas Time Is Over Again (Rehab) 70
- Epilogue 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 75
- Qualità Artwork: 60
- Originalità: 75
- Tecnica: 70
Giudizio Finale
68Recensione di Wolverine » pubblicata il 15.05.2015. Articolo letto 1421 volte.
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