Mooth «Slow Sun» (2015)
Recensione
Nel definirsi propositori di un noise core i pavesi Mooth ci presentano questo lavoro intitolato “Slow Sun”, colmo di influenze musicali ma dove spicca tendenzialmente lo sludge di cui si fanno portabandiera in maniera assolutamente egregia. I suoni sono ben compattati l’uno all’altro, le ritmiche nel loro insieme si inquadrano in un contesto pienamente confacente e lasciano all’ascoltatore una buona sensazione; anche il cantato, spazia tra momenti di alternanza duri, quasi in growl, a momenti più pacati dove comunque non rimane mai nascosta l’innata tendenza acidula. Le chitarre in alcuni casi procedono tra riff e stoppate anche in controtempo realizzando con la batteria un effetto sorprendente, quasi di rimbalzo, l’una con l’altra. Il platter presenta otto brani che si alternano l’uno con l’altro con un susseguirsi incessante di ritmiche in continua evoluzione esecutiva a cominciare da “Debra de Santo Was Heartreaker” dal sound variopinto tra riff e ritmiche sinergiche in drum; si prosegue in questo particolarissimo modus operandi con la successiva “MDMA” dal riff irruento, straziato ulteriormente da un cantato proposto in una specie di lamentio investito da una successiva andatura ritmica, quasi in una sorta di groove industrial, di buona esecuzione; con la successiva “Skeletons” dalla coinvolgente ritmica proposta in un ottimo sludge noise con toccate vocali un po’ quasi alla Phil Anselmo; “Bloodrop” dalla sonorità aggressiva, eccellente lavoro in drum, ritmiche nette offerte con un’alternanza a tratti quasi in hard rock; la situazione non cenna a calare neanche con la successiva “Red Carpet” dalle sonorità apparentemente più appaganti, si propone quasi con una sorta di sound sperimentale gratificante poi spezzato da altro andamento sensazionale. Anche “Viscera” viene realizzata con un sound che difficilmente non coinvolge; le chitarre sempre con lo stesso effetto distorto sono in grado di mutare costantemente direzione generando trasformazioni ritmiche inaspettate. “Black Host” quasi in un Thrash introduttivo, cambia direzione per offrirci una nuova ritmica in sludge sempre dai tratti ruvidi; conclude “Fletcher Mcgee” pregna di mutamenti ritmici costanti di notevole impatto. “Slow Sun” appare all’orecchio dell’ascoltatore il frutto di una particolare e personalissima realizzazione, pregna di contesti variabili in grado di coinvolgere ininterrottamente chiunque grazie all’inesistenza di situazioni di piattume e alla presenza di un incredibile carico energetico.
Track by Track
- Debra de Santo Was Heartreaker 75
- MDMA 80
- Skeletons 75
- Bloodrop 75
- Red Carpet 80
- Viscera 80
- Black Host 70
- Fletcher Mcgee 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 75
- Qualità Artwork: 80
- Originalità: 80
- Tecnica: 75
Giudizio Finale
77Recensione di Wolverine » pubblicata il 17.06.2015. Articolo letto 863 volte.
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