AA.VV. «Two years of demons» (2005)

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FallenAngel »

 

Recensione Pubblicata il:
--

 

Visualizzazioni:
1151

 

Band:
AA.VV.
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Titolo:
Two years of demons

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:

 

Genere:

 

Durata:
1h 5' 40"

 

Formato:

 

Data di Uscita:
2005

 

Etichetta:

 

Distribuzione:
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Agenzia di Promozione:
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Recensione

“Two years of demons” è una compilation autoprodotto che ha lo scopo di presentarci alcuni tra i migliaia di gruppi italiani emergenti proponendo band che provengono dai vari filoni del metal con il risultato di avere davanti a noi un panorama abbastanza completo.
I Future Is Tomorrow ci propongono “The new messiah”, un ottimo brano di metal classico caratterizzato da riff non molto originali ma di sicuro impatto e con un tiro davvero notevole; ottima la voce che riesce a riempire i vuoti lasciati dagli altri strumenti. Purtroppo non si può dire la stessa cosa dei cori che sembrano poco curati e al limite della stonatura.
Sentendo i No Remorse con la loro “Cold blood”, mi sembra di essere tornato indietro nel tempo di decenni, all’epoca di “Painkiller” dei Judas Priest; il brano in questione è potente senza essere mai esasperato con le chitarre incisive e stridenti al tempo giusto ed una voce pressoché perfetta che si avvicina molto a quella di Halford. La struttura semplice ma al tempo stesso convincente rende “No remorse” un brano che non stanca mai anche dopo decine di ascolti.
I Shoreborn ci propongono un death metal molto tecnico e vario che si avvicina sotto certi aspetti a quello suonato dai Cynic con la differenza che per quel che riguarda “Create don’t be a slave” i momenti tecnici rappresentano solamente un aspetto marginale di un brano potentissimo e che riesce a togliere il fiato già dal primo ascolto. La carta vincente degli Shoreborn è rappresentata dal non essersi fermati alla velocità fine a se stessa migliorandola con passaggi di indubbio interesse e precisione.
Con in Pink Lizard di “Insomnia” ci spostiamo verso l’hard rock anni ’80 con qualche puntata nel glam alla Poison. Nonostante il genere suonato dalla band non lo permetta molto, il sound dei Pink Lizard riesce ad essere potente e particolarmente vitale senza perdere di melodia e orecchiabilità grazie anche ad un ritornello che entra subito in testa facendo venire voglia di cantarlo.
“New old life” degli Ashcorn è un brano molto controverso; sono molto piacevoli le parti dedicate alla sperimentazione pura, mentre risultano banali e scarse di personalità quelle squisitamente nu metal che sembra prendere molto spunto da gruppi più blasonati come Slipknot e Fear Factory.
I Nahui con “After the wave” ci propongono il loro gothic con venature dark molto piacevole e rilassante pur non essendo per nulla melenso od ovvio; è chiaro che nel brano in questione si possano trovare riferimenti ai gruppi a cui la band si ispira, ma ciò rappresenta solo un passaggio marginale verso un sound personale e accattivante. Le atmosfere surreali proposte dai Nahui affascinano l’ascoltatore infondendogli un gran desiderio di sentire di più.
Nonostante sia più che ovvio che i Maledia si rifacciano nella loro musica a gruppi come Nightwish e Within Temptation, devo ammettere che “Black heaven” è una gran bella canzone ricca di pathos e con una struttura abbastanza complessa che la rende ancora più interessante. Il dialogo tra la voce femminile e quella maschile, tra l’altro veramente belle entrambe, è molto piacevole grazie anche ad un sapiente uso delle tastiere. Possiamo dire che i Maledia nella loro musica hanno scarta ciò che di ovvio e scontato ci sia nel power di questi anni e hanno costruito la loro personalità su ciò che di buono si può trarre da questo genere.
Con i LateXXX Teens passiamo ad un gothic elettronico molto vicino in alcuni tratti all’EBM prendendo spunti da gruppi come Ensoph e Deathstars con l’originale utilizzo di una voce scream che fa capolino in alcuni frangenti rendendo il brano più interessante. I suoni di tastiera abbastanza retrò ci fanno ritornare alla musica elettronica anni ’80 alla Alberto Camerini per poi ritornare verso sonorità maggiormente metal dettate da una distorsione di chitarra potente e accattivante.
Gli Zedher di “Metal possesion”, invece, ci propongono un black metal senza compromessi che punta l’attenzione sulla potenza e sulla velocità grazie and un martellante ritmo di doppio pedale sostenuto da riff di chitarra stridenti ma mai fastidiosi; il tutto è completato da una voce che, pur essendo stata registrata a volumi troppo bassi rispetto agli altri strumenti, risulta essere sempre all’altezza della situazione.
I Mater Machina sono forse l’unico punto buio di tutta la compilation; la band in questione suona un nu metal molto particolare di difficile assimilazione vista la sua complessità. Il vero difetto è rappresentato dalla voce che pur essendo potente non riesce a convincere del tutto risultando monotona e poco incisiva
Torniamo ad un heavy metal classico con i Burnin’ Gaze che con la loro “Invisibile” ci fanno riviver suoni ormai dimenticati dalla maggioranza dei gruppi heavy di questi anni. Nel brano in questione non c’è alcuna presenza di sperimentazione ed è proprio questa la cosa positiva della band; la struttura della canzone si può definire “quadrata” e ligia agli stilemi del genere riuscendo a conferire energia ed incisività in ogni secondo del brano.
I Seven Dark Eyes ci deliziano i padiglioni auricolari con un brano di power metal con voce femminile ben strutturato e piacevole grazie alla melodia notevole sprigionata dalla vocalist e dalla sua controparte maschile. Gli strumenti, che sembrano essere quasi un contorno della voce riescono a creare un’ambientazione surreale rotta solo da alcuni assoli tra l’altro piacevoli. Unico punto negativo riguarda i cori polifonici che utilizzano effetti a tratti esagerati.
Ritorniamo all’hard rock con i Banditz di “Cross the line” che ci propongono un sound ruvido e di chiara ispirazione americana che riprende in alcuni frangenti le caratteristiche tipiche di band come Aerosmith per poi mutare in sonorità più particolari ed heavy con qualche spunto prog che denota la capacità della band come strumentisti.
Concludiamo con i Guardiani di Frontiera che ci portano con la loro musica verso terre fantastiche volando a cavallo di un drago; il genere proposto dalla band è di difficile etichettatura visto che prende spunto dal gothic rock e dal dark per poi crescere con influenze che ricordano “cantastorie” come Branduardi. Importante risulta sicuramente essere un testo che sembra quasi ricordare un vero e proprio poema d’amore.
Questo “Two years of demons” è quindi la dimostrazione che il metal è vivo e vegeto anche nel nostro paese che riesce a proporre gruppi davvero validi e degni di nota. Tutte le band presenti nella compilation sono di ottimo livello musicale e di buona preparazione sia compositiva che tecnica.

Track by Track
  1. Future is tomorrow - The new messiah 77
  2. No Remorse - Cold blood 90
  3. Shoreborn - Create don’t be a slave 84
  4. Pink Lizard - Insomnia 79
  5. Ashcorn - New old life 76
  6. Nahui - After the wave 84
  7. Maledia - Black heaven 92
  8. LateXXX Teens - Latex (de)generation 81
  9. Zedher - Metal possession 79
  10. Mater Machina - Whole world hush 64
  11. Burnin’ Gaze - Invisible 85
  12. Seven Dark Eyes - Golden flowers 84
  13. Banditz - Cross the line 80
  14. Guardiani di Frontiera - Sotto le stelle 92
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 88
  • Qualità Artwork: 55
  • Originalità: 88
  • Tecnica: 89
Giudizio Finale
82

 

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