Blodiga Skald «Ruhn» (2017)
Recensione
Disco di debutto Folk Metal per i romanacci Blodiga Skald, fautori di un album che condensa tre quarti d’ora di una musica non troppo estrema ma sempre folk, e non sempre da prendere sul serio. Per intenderci, non siamo di fronte a un disco parodistico e nemmeno ad una trashata: si tratta solo di una band che ama scherzare con tematiche fantasy e spensierate, buone per dare quel divertente sollievo che tanto piace ai fans di questo genere.
Però “Ruhn” ha un gran difetto: esce fuori tempo massimo e cavalca lidi sonori già battuti da gruppi come tanti (tra cui i Korpiklaani) senza la necessaria freschezza od originalità. Lo si sente si dalle prime due canzoni: cantabili, divertenti e volendo pure un po’ cafone, ma che difficilmente restano nella mente o si mostrano longeve, semplicemente perché la schietta semplicità di queste canzoni funziona ma è comunque una formula classica e invero non molto personale, cosa che si denota anche in brani come “No grunder no cry” (che in effetti cita la quasi omonima canzone di Bob Marley) o “Blood and Feast”. Altrove i Blodiga tentano di usare il metal estremo, come in “Sadness”, o la drammaticità in “Follia”, ma anche qui i risultato pur funzionando risultano un po’ già sentiti e con ups and downs d’intensità, e come risultato si ha che “Sadness” è carina ma comunque nella media se paragonata a ciò che si fa da gruppi che mischiano l’atmosfera con il metal più estremo, mentre “Follia” viene spazzata via da brani come “Lost love ballad” degli Ecnephias. Un po’ tutto il disco è così, in conclusione. Mai brutto, ma anche mai eccellente, e che propone uno stile musicale non molto fresco e che deve crescere in personalità senza appoggiarsi ad altri gruppi, cosa fondamentale in un genere diretto ma anche mai molto longevo come il folk.
In conclusione: probabilmente vado troppo in profondità con questi ragazzi, e molto probabilmente il pubblico folk è più piacione e meno selettivo rispetto a tanti altri generi, ma ciò non toglie che, secondo me, “Ruhn” è comunque un disco non male, ma penalizzato dal fatto di essere non molto maturo e soprattutto che propone uno stile musicale lanciato ormai all’avvicinarsi di questa decade, risultando così fuori tempo massimo. Ne consiglio l’acquisto per i fanatici del folk metal, o quantomeno di considerarlo. Chi non apprezza queste sonorità, tolga pure 10 punti al voto finale.
Track by Track
- L'epica vendemmia 65
- Ruhn 70
- No grunder no cry 65
- I don't understand 70
- Sadness 60
- Follia 55
- Blood and feast 60
- Laughing with the sands 70
- Panapiir 65
- Too drunk to sing 65
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 55
- Tecnica: 65
Giudizio Finale
65Recensione di Snarl » pubblicata il 05.11.2017. Articolo letto 2049 volte.
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