Ruins Of Elysium «Amphitrite: Ancient Sanctuary In The Sea» (2021)
Ruins Of Elysium
Titolo:
Amphitrite: Ancient Sanctuary In The Sea
Nazione:
Brasile / Italia
Formazione:
Drake Chrisdensen – Tenor
Vincenzo Avallone – Guitars and Bass
Icaro Ravelo – Drums and Synths
Genere:
Epic Symphonic Metal
Durata:
1h 13' 0"
Formato:
CD
15.01.2021
Etichetta:
Autoproduzione
Distribuzione:
---
Agenzia di Promozione:
---
Recensione
Una band sicuramente interessante quella capitanata da Drake Chrisdensen, la quale ha il pregio di essere formata da nazionalità diverse e, di conseguenza, anche idee varie.
Il loro esordio arriva nel 2016 con Daphne e il successivo Seeds of chaos and serenity.
A quasi quattro anni di distanza, il trio ci propone una nuova opera, intitolata Amphitrite: Ancient sanctuary in the sea e nella quale figurano ben dodici pezzi (forse un pò troppi).
Trattandosi di metal sinfonico, ci aspettiamo un certo tipo di lavoro e produzione, vediamo se negli oltre settanta minuti di ascolto possiamo trovare gli elementi da noi cercati.
Prima traccia: Alexiel - an epic lovestory, colpisce subito per un inizio maestoso che viene poi amplificato dal timbro tenore di Drake, dai cori e dai continui cambi di tempo.
Segue, Queen of the seven seas con un metal power sinfonico abbastanza spinto e con un’atmosfera generale più oscura, quasi tetra, ho l’impressione che manchi qualcosa, ma procediamo.
Belladonna inizia e mantiene, quasi per tutto il brano, un ritmo altamente serrato che cozza un pò con il cantato e lo stile drammatico del testo, il risultato è a tratti confuso e poco lineare, il che ne rende l’ascolto un filo ostico.
Leviathan possiede, inizialmente, una cadenza quasi tribale, successivamente ci spostiamo su qualcosa di maggiormente legato al sinfonico con la voce del cantante che marca un aspetto a tratti eccessivamente drammatico.
Oceanic operetta è un’intro ad Atlas, brano di facile ascolto che ricalca appieno lo stile a metà tra power ed epic metal, forse uno dei migliori.
Book of seals ha un sapore vagamente celtico con un ritornello che si rivela molto simile a un inno incalzante che viene supportato da una batteria che sembra segnare una marcia imperiale, verso la fine è possibile sentire un breve momento in cui ritmo si fa energico e il growling la fa da padrone.
Amphitrite è poetica e mostra, ancora una volta, la potenza vocale del cantante, il quale si destreggia in un’interpretazione di tutto rispetto, nulla da dire su questo piano.
La partenza di Okami mother of the sun ci porta su suoni orientali che rimangono per tutta la durata del brano, seppur sparsi in maniera poco chiara e artefatta, fondendosi con le chitarre, il risultato è di sicuro un qualcosa che andrebbe approfondito e delineato per bene.
Nuovamente di fronte a The ocean is Yemanja’s rimaniamo colpiti nel sentire suoni tribali, nonostante i buoni intenti e una fugace presenza di una soprano, ho trovato pecche in Drake in determinati punti e incomprensibili alcuni momenti rap presenti nella seconda metà del brano, assolutamente fuori contesto.
Questa volta , con Cathedral of cascades, ci spostiamo in India, o così pare in un primo momento e a tratti, in realtà ci muoviamo su melodie più speed e power, anche qui c’è qualcosa che non funziona come dovrebbe ahimè.
Il disco si conclude con Canzone del mare (Canção Do mar), lunga e variegata, ha un suo potenziale, ma al momento non mi sembra sia stato sfruttato appieno.
Che dire? L’ascolto di Amphitrite: Ancient sanctuary in the sea non mi ha soddisfatta.
Non amo stroncare i lavori, in generale, ma credo che qualche critica o appunto qua la debba fare.
Innanzitutto, la scelta di fare un disco di questa durata non è quasi mai una buona idea: quando di fanno pezzi della durata di sette- otto minuti, bisogna esserne veramente sicuri e avere alle spalle una produzione impeccabile, soprattutto in un genere come il metal sinfonico.
Qui arriviamo alla seconda grande pecca: posso capire che ci si voglia concentrare sulla voce di Drake, ma dove sono le chitarre? Assolutamente in secondo piano, tranne per brevi e fugaci istanti. Lo stesso vale per tutto l’assetto melodico e sinfonico che viene perennemente sovrastato dal cantante, come fosse il suo progetto solista.
A tutto questo va aggiunta una produzione mediocre, a essere generosi, che non evidenzia le peculiarità e il talento di tutta la band e non supporta, in maniera sufficiente, l’intero progetto.
Insomma, lai base è interessante, ci sarebbero tutti i presupposti per imprimersi nella mente degli ascoltatori, ma bisogna apportare delle modifiche decisive se si vuole andare oltre a un bella copertina.
Track by Track
- . Alexiel - An epic lovestory (Ft. Melissa Ferlaak) 65
- Queen of the seven seas 60
- Belladonna 55
- Leviathan 60
- Oceanic operetta S.V.
- Atlas 60
- Book of seals 60
- Amphitrite 60
- Okami - Mother of the sun (Ft. Föxx Salema) 60
- The ocean is Yemanja's (Ft. Rayssa Monroy & Zaiiah) 55
- Cathedral of Cascades 55
- Canzone del mare (Canção do Mar) 60
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 60
- Qualità Artwork: 80
- Originalità: 60
- Tecnica: 60
Giudizio Finale
62Recensione di reira » pubblicata il 27.01.2021. Articolo letto 992 volte.
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