Barbar'O'Rhum «Journal de B'O'R» (2020)
Barbar'O'Rhum
Titolo:
Journal de B'O'R
Nazione:
Francia
Formazione:
Jeremy :: Bass, Back Vocals
Mathieu :: Back vocals, Folk instruments, Flute, Bagpipes
Loic :: Drums
Benjamin :: Guitar
Sonia :: Back vocals, Folk instruments
Colin :: Vocals, Keyboard
Corentin :: Vocals, Guitar
Genere:
Celtic Punk / Pirate Metal
Durata:
1h 6' 42"
Formato:
CD
Recensione
Conosco bene i Barbar O’Rhum, una band francese che sostanzialmente con il precedente album ci proponeva né più né meno che un buon album divertente di musica pirate folk rock, di quelle che ci stanno benissimo a una sagra della birra o del vino, e dove la pressoché nulla originalità lascia spazio al fatto che chi vuole queste sonorità è disposto ad ascoltarle all’infinito senza problemi né troppo pensieri, come una bella sbronza pretende.
Tuttavia, credo che con “Journal de B.O.R.” i nostri ragazzi vogliano fare qualcosa di più, cioè cimentarsi in qualcosa che non sia solo musica da irish pub, e qui il compito è tutt’altro che facile, visto che bisogna formare una musica che sia altrettanto divertente, ma anche che sia un po’ più ricercata, in altre parole si tratta di essere un po’ più seri, cosa che nella spensieratezza del folk non è mai facile.
E i BOR ci riescono in questo album? Più no che sì, nel senso che in realtà i nostri ragazzi attaccano con degli up tempo ballabili e divertenti tipo le cose dei precedenti album, semmai aggiungendoci più arrangiamenti alla Korpiklaani nell’opener e mid tempos cazzoni e divertenti in “L’antre de Davy Jones”, e per il resto del disco compaiono ulteriori sfumature stilistiche, come passaggi tra musica per bere e musica più rock o addirittura più ricercata in effetti ben fatti, oppure le influenze mediorientali di “Birdy” che ben si sposano con le fughe classiche del folk irlandese (pare strano, ma i nostri ci riescono molto bene), passando per la ballabilità non troppo sopra le righe di “Penurie de rhum” fino al freestyle conclusivo di “Les petits rafiots” dove la band si scatena in vivacità facendo ciò che vuole, con tanto di citazione alla Primavera di Vivaldi all’interno di un brano che dura 8 minuti.
Ne risulta un album in realtà ben fatto, ma che ha i difetti di avere brani troppo lunghi (almeno 5 minuti e passa), nonché di essere un disco che ci mostra le possibili direzioni compositive successive, ma non collegate tra di loro, come se più che un album fosse una serie di idee da studiare. Tutte belle, ma nessuna che va in una direzione precisa, un campo aperto se vogliamo, dove le idee ci sono, ma restano anche un po’ messe là e da organizzare. Questo penso sia l’unico problema di “Journal de B.O.R.”: è un disco i cui brani presi singolarmente vanno tutti bene, ma che nel complesso rendono il disco un po’ confuso e dalle influenze tra i brani troppo scollate.
In conclusione, “Journal de B.O.R.” rappresenta forse una svolta, il momento in cui i Barbar O’rhum si sono rotti di fare da teatrino nel giorno di San Patrizio e vogliono di più, vogliono essere presi seriamente, e ci dimostrano di avere la stoffa, ma anche che l’evoluzione compositiva pur gettando diversi spunti non è tanto concorde sulla strada da seguire. Disco di passaggio, che comunque è apprezzabile.
Track by Track
- L'equipade de barbedrut - Intro S.V.
- Pirate des champs 70
- L'antre de Davy Jones 70
- Boire, occire, rire 65
- Le robin des mers 65
- Le rocher des pirates 70
- Birdy 75
- Penurie de Rhum 70
- Freres de bitte 70
- La chasse au kraken 60
- Les petits rafiots 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 70
- Tecnica: 70
Giudizio Finale
69Recensione di Snarl » pubblicata il 30.03.2021. Articolo letto 911 volte.
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