Artica «Take it Slow» [2020]
Recensione
Questo disco di debutto degli Artica da Monfalcone costituisce un esempio di band rock che non fa un disco perfetto, a dire la verità fa anche qualche brano bruttarello, ma i capitoli musicali buoni rappresentano una band con personalità e ottime intuizioni. Talmente buone che il debut album “Take it slow” si manifesta comunque molto interessante nella sua bellezza difettata.
Ciò che sanno fare infatti gli Artica è rappresentato sin da subito in “Psycho soul”, un titolo forse un po’ banalotto, ma che rivela gli Oasis su un brano ritmicamente up tempo e perfettamente arrangiato, per un risultato che semplicemente spacca, e che spacca anche nella successiva e più pop rock/rock americano “All we need”, diversa dalla precedente ma comunque positiva. Queste sono le coordinate su cui, grosso modo, il sound degli Artica si dipanerà nel resto dell’album: influenze palesi degli Oasis specialmente nella voce, ma tutte affiancate ad influenze diverse, che caratterizzano questi ragazzi e rendono i loro brani diversi da un semplice “Oasis rip off”, e dove queste influenze sono una “Call the police” vagamente con un tocco da celtic pub, una “Dream night” che cavalca bene la linea tra metal ballad e Oasis semiacustici, passando per il rock di “Drive my way” e “Should not be”, fino alla malinconica “Lost my soul”, il tutto per un risultato che finora è eccellente, poco da dire.
Tuttavia, gli Artica mostrano ancora un po’ di insicurezze e a volte finiscono per uscire da questo campo, cercando ulteriori soluzioni musicali pregevoli ma che non funzionano. Un esempio palese è dato da “I don’t know why”, un brano che oltre a plagiare palesemente “Smoke on the water” sia nella chitarra (che modifica appena un po’ il riff) che nel pattern di batteria, fa anche l’errore di scendere di tonalità prima del ritornello facendo chiudere il brano, per poi andare su un ritornello che non c’entra molto col resto. E a parte una “Knife’s dance” dal ritornello piatto, è “Fired up” che si fa segnalare anche in negativo, tentando la carta del tempo veloce coi synth, ma fallisce visto che il brano suona (come “I don’t know why”) troppo diverso dagli altri (che già hanno le due influenze talora leggermente scollegate), ma soprattutto con un mood che ci puoi cantare sopra “Hot n cold” di Katy Perry, e con uno stile musicale che mi ricorda la band più inutile del mondo, cioè i Maroon5. Argh!
Insomma: gli Artica ci sanno fare, ma forse non sono ancora consapevoli dei propri mezzi, e per quanto vanno elogiati sia per saper suonare bene e personali, nonché con una forte propensione ad avere diverse influenze collegate alla loro musica, finiscono anche per avventurarsi in lidi un po’ anomali, dove la loro musica non brilla e dove sinceramente ti chiedi: “ma adesso perché suonano così?”. Poco importa, i lati positivi oscurano bene quelli negativi. Agli Artica consiglio di continuare a ampliare il loro sound e di non castigare le loro influenze, quanto piuttosto di ammetterle e di accoppiarle ad altre, poiché i risultati sono ottimi, e senza esagerare al contrario. Nel frattempo, se cercate un disco rock con personalità e vi piacciono gli Oasis ma non volete una band clone, questo disco fa per voi.
Track by Track
- Psycho soul 80
- All we need 75
- I don't know why 60
- Call the police 75
- Dream night 75
- Fired up 55
- Drive my way 75
- Lost my soul 75
- Knife's dance 65
- Should not be 75
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 75
- Tecnica: 75
Giudizio Finale
71Recensione di Snarl pubblicata il 10.08.2021. Articolo letto 833 volte.
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