Erosion «Erosion» [2007]
Erosion
Titolo:
Erosion
Nazione:
Italia
Formazione:
Soledeath: Vocals
Tachy: guitars
Paul: Bass
Guidus: Drums
Genere:
Durata:
16' 20"
Formato:
2007
Etichetta:
Distribuzione:
---
Agenzia di Promozione:
---
Recensione
Gli Erosion (che credo veronesi, anche se non ho indicazioni a riguardo) nascono dalle ceneri degli Untouchable Feeling, band metal-proressive nella quale militavano Tachy e Paul. Dopo diverse vicissitudini e cambi di monicker il gruppo, che intanto ha deciso di dedicarsi ad un death dalle influenze melodiche e progressive, prende una forma stabile nel novembre 2006 con l’ingresso di Soledeath alla voce.
A quel punto gli Erosion iniziano a riarrangiare i brani per adattarli alla vocalist (prima infatti si trattava di pezzi solo strumentali) e nell’aprile 2007 i nostri presentano al pubblico ed alla critica questo Promo 2007 (anche se sulla copertina c’è scritto semplicemente Erosion, e credo sia questo il titolo che i ragazzi vogliono per il proprio lavoro).
L’artwork del lavoro è buono, molto cupo ed in linea con la proposta; un po’ truce magari, ma stiamo parlando di death metal ed è giusto che sia così.
Il lavoro in questione si compone di tre pezzi più una breve intro strumentale, ma credo riesca a dare comunque un’idea abbastanza precisa della proposta della band. Gli Erosion suonano un death metal di matrice europea dove il principale riferimento sta a mio parere nei Carcass meno “marci”, ossia a metà strada tra la varietà di soluzioni ritmiche di “Necroticsm” e la melodia di “Heartwork”. A questa principale influenza si aggiungono quelle di altri gruppi della scena death europea che ovviamente già alla carcassa devono molto, come gli Arch Enemy, ed una certa inflessione progressive che però più che al tecno death americano fa richiamo ad altri giganti europei del settore cioè gli Opeth.
I tre strumentisti possiedono tutti un buon bagaglio tecnico che sfoggiano ampliamente nel corso delle composizioni senza mai risultare noiosi; in particolare la sezione ritmica crea soluzione varie, quasi mai banali e sempre tecnicamente pregevoli che arricchiscono non poco il risultato finale. Diciamo che da questo punto di vista il background progressive della band si fa sentire e parecchio. Soledeath (trattasi di una donzella) utilizza un’impostazione molto ruvida che non è definibile né come growl né come scream, per intenderci ancora una volta il richiamo che più mi pare calzante è il Walker di “Necroticism”, regalandoci al microfono una prestazione con i controcosi.
La registrazione è buona, tutti gli strumenti sono ben calibrati, godono di un buon suono ed il risultato finale è bello potente anche se, ma questo è solo gusto personale, risulta un po’ troppo digitale e moderno. Si tratta comunque di un piccolissimo appunto, l’ascolto è in ogni caso godibilissimo.
Il compito di aprire le danze è affidato ad una breve traccia che si chiama non molto fantasiosamente “Intro”. Il pezzo inizia con un arpeggio pulito e melodico, su quale si appoggiano un assolo classicheggiante e ricami di basso frettless, e che va in un bel crescendo elettrico per poi smorzarsi all’improvviso.
“Sound Of Death” è il primo brano vero e proprio, un bel pezzone di death melodico introdotto da suoni digitalizzati e lanciato a velocità non troppo sostenute che fa del groove de dei ritmi spezzati sul ritornello i propri punti di forza.
La track numero tre, “The Slave of God”, è secondo me la più riuscita del promo. Il suo alternarsi di parti violente in blast-beat ed altre melodiche, su tutte il ritornello dove fa capolino una voce pultia, risulta infatti dannatamente efficace. Anche qui la band non si muove su velocità particolarmente elevate riuscendo a creare un buon groove generale mescolando numerosi riff e soluzioni ritmiche differenti, con un basso sempre in prima linea.
La chiusura del CD è affidata a “Prototype”, il pezzo più violento del lotto, soprattutto per il lavoro di batteria preciso e martellante, senza scordare comunque la melodia, affidata qui a qualche riff più “classico” e ancora una volta al ritornello che sulla base schiacciasassi appoggia una linea vocale insana e quasi ariosa.
In conclusione ci troviamo a mio parere di fronte ad un buon lavoro di death melodico, ben suonato ed impreziosito dalla prestazione notevole di tutti gli elementi e che, se da un lato sfugge alla trappola di riproporre i soliti abusatissimi stilemi della “scuola di Goteborg”, dall’altro lascia trasparire un certo odore di carcassa per tutti i sedici minuti della propria durata. Questo è l’unico appunto che mi sento di fare ad una lavoro che da tutti gli altri i punti di vista non presenta pecche di sorta. Insomma ci troviamo di fronte ad un ottimo punto di partenza: gli Erosion suonano bene e compongono buoni brani che mescolano cattiveria, groove e melodia al punto giusto, se riuscissero ad acquisire una maggiore personalità sono convinto avremmo davanti veramente un gran gruppone. Per adesso promossi a pieni voti con un consiglio a tutti i deathsters e i thrashers di fare un giro sul loro myspace ad ascoltare i brani, non rimarranno certo delusi.
Track by Track
- Intro 75
- Sound Of Death 80
- The Slave of God 85
- Prototype 80
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 90
- Qualità Artwork: 75
- Originalità: 70
- Tecnica: 85
Giudizio Finale
80Recensione di Maglor pubblicata il --. Articolo letto 1489 volte.
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