Clinicamente Morti «7» [2008]

Clinicamente Morti «7» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Cynicalsphere »

 

Recensione Pubblicata il:
--

 

Visualizzazioni:
1086

 

Band:
Clinicamente Morti
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Titolo:
7

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
Nico Parente - vocals
Salvatore Camillo - guitars
Alessandro Cossa - guitars
Carlo Cantisani - bass
Giovanni Leone - drums

 

Genere:

 

Durata:
35' 11"

 

Formato:

 

Data di Uscita:
2008

 

Etichetta:

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Discreto esordio questo dei salentini Clinicamente Morti, che dopo una bella gavetta fra un demo-cd e frequenti apparizioni fra le compilation nostrane, approdano al traguardo della prima fatica su lunga distanza con un concept album ispirato sui sette vizi capitali: scelta piuttosto ardua, se considerata la delicatezza dell’argomento, ma affrontata con egregi risultati dal punto di vista del song-writing, specie per quel che concerne i testi.
Stilisticamente parlando, non siamo di fronte a nulla di nuovo: la band infatti punta tutto su un thrash di vecchio stampo, dove qua e là si inseriscono anche reminiscenze del death old school: in parole povere, un ibrido fra gli Slayer di “Seasons...” ed i Sepultura di “Arise” con gli Obituary degli anni a cavallo fra gli ’80 e ’90. Roba piuttosto datata, se consideriamo i generi oggi in voga, ma assolutamente godibile, alla luce del fatto che le sette tracce presentate (esclusa l’intro) fanno dell’impatto e della solidità le loro armi vincenti. A differenza infatti di accelerazioni e assalti frontali tipici più di quel thrash/death tanto di moda in questi ultimi anni, nel disco prevale nettamente l’uso di mid-tempos e riff cadenzati di vecchio stampo, che faranno sicuramente la gioia dei metal-heads più stagionati, ma anche di chi a tanto metal patinato ma privo di sostanza preferisce qualche bella cavalcata da headbanging garantito. Se poi vogliamo dirla tutta, a completare la riscoperta di questo sound retrò da parte dei Clinicamente Morti ci pensano anche frequenti aperture melodiche, che a più d’uno faranno tornare alla mente quelle del caro Chuck Shuldiner, soprattutto nelle parti soliste delle chitarre.
Il discorso intrapreso dal quintetto leccese porta quindi a concepire un lotto di brani ben distinguibili l’uno dall’altro, certamente non originali, ma comunque di buona fattura, fra cui si segnalano la granitica opening-track “Schiavo d’Avidità”, la rocciosa “Appetito Carnale” e la claustrofobica “Fame di Peccato”, caratterizzata da continue alternanze fra sfuriate improvvise e secchi breakdown. Non mancano poi episodi che, seppur stilisticamente ancora da affinare, denotano spunti notevoli ed incoraggianti anche in ottica di produzioni future, come nel caso de “Il Culto del Superbo”, riecheggiante di quel groove tanto caro ai Pantera, e della conclusiva “Colpevole d’Indolenza”, il cui atmosferico finale è semplicemente da brividi.
Se fin qui abbiamo elogiato la prova offerta dai C.M., non possiamo però non sottolinearne anche il lato oscuro, rappresentato dalla prestazione vocale di Nico Parente, troppo spesso non all’altezza della situazione. Passi per i soliti discorsi del tipo “il cantato in italiano è meno orecchiabile” o “le metriche in inglese sono più facili”, su cui ognuno ha i suoi personalissimi gusti, a non convincere sono proprio le timbriche, impostate per lo più tra un ruvidissimo scream ed un growl appena accennato, non sempre portatrici dei frutti sperati. Non che la scelta si sia dimostrata errata, ma a fronte di numerosi intoppi d’esecuzione emerge la necessità di rivedere sia il lavoro delle metriche, sia proprio il modo di impostare le linee vocali: troppo spesso si ha l’impressione che la voce fatichi a star dietro al resto degli strumenti, deficitando così i brani di quella solidità e quello spessore che una voce meglio assestata con il reparto strumentale avrebbe potuto loro donare. E’ pur certo che lavorare su testi nel patrio idioma è opera dura e faticosa, ma esempi come i pisani Subhuman, i ternani S.R.L. o i compianti parmensi Distruzione ci dimostrano come sia possibile ottenere eccellenti risultati anche cimentandosi con la lingua di Dante. Affinato quest’aspetto, è sicuro che potremo annoverare i Clinicamente Morti non più come una promessa del metal tricolore, ma come una solida realtà. Ai posteri dunque l’ardua sentenza. Intanto però, ascoltateveli pure.

Track by Track
  1. Intro/Humana Doctrina 65
  2. Schiavo d'Avidità 70
  3. Il Seme dell'Odio 65
  4. Fame di Peccato 80
  5. Il Culto del Superbo 70
  6. Appetito Carnale 80
  7. Il Giorno dell'Ira 70
  8. Colpevole d'Indolenza 75
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 75
  • Qualità Artwork: 70
  • Originalità: 55
  • Tecnica: 70
Giudizio Finale
70

 

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