Intervista: Coma

Coma1 I Coma dalla Sardegna meritavano un'intervista. Non solo perché "Disorder" costituisce un balzo in avanti significativo, ma anche perché abbiamo voluto tastare il polso del Metal in quest'isola che tanto ha passione verace per il metal, ma anche così lontana dal resto d'Italia, che cerca di distinguersene culturalmente eppure ha bisogno di farne parte sotto altri aspetti. A voi lettori di Metalwave buona lettura.

 

Ciao ragazzi, "Disorder" è il vostro secondo album. Raccontateci un po' la gestazione di quest’album.

Ciao! Abbiamo cominciato a comporre già dopo l’uscita di Mindless, e a dire la verità avevamo già qualche bozza da parte prima ancora che il debut uscisse, come Trained to Pain, che all’inizio era un mid-tempo, molto diversa dalla versione pubblicata su Disorder.
Per questo disco abbiamo deciso di lavorare con un produttore, Francesco Paoli della MIDAS Productions (Fleshgod Apocalypse) e abbiamo registrato in vari studi come Kick Recording Studio di Marco Mastrobuono, il D.I.Y. di Simone Lo Nardo e l’Elnor Studio di Mattia Stancioiu, che si è occupato anche del mix e del mastering.

Onestamente, trovo "Disorder" molto migliore del vostro debut, "Mindless". Lo trovo nettamente più originale e che osa di più. Cosa è cambiato in questi anni sia a livello compositivo che di influenze?

Grazie mille! Mindless era molto più “crudo” di Disorder, e la band era molto più giovane e inesperta. Per Disorder abbiamo avuto modo di chiuderci in sala prove e suonare assieme, alcuni dei pezzi sono nati dalle nostre “jam”, alcuni sono rimasti più fedeli a come Antonio li aveva pensati, altri ancora sono nati in studio mentre registravamo le batterie, come FBH, composta da Daniele in pausa pranzo.
Avere la possibilità di lavorare con un produttore come Francesco chiaramente ha aiutato tantissimo. Non solo è una persona “esterna” con un orecchio un po’ più oggettivo, ma anche una persona con un’esperienza enorme e di cui ci siamo fidati al 100%. Ci ha aiutati con la struttura dei pezzi, abbiamo migliorato le linee vocali, parti di batteria, soli ecc, ed è stato fondamentale anche nella fase di mix; assieme a Mattia hanno trovato degli arrangiamenti che hanno dato ancora più spessore ai pezzi.

Vi ho considerato come un mix tra gli Slayer e gli Anthrax più arrabbiati. Commentate questa mia osservazione.

Non ti nego che siano due delle band che più ci hanno influenzato: da piccoli album come “Among the Living” e “Season in the Abyss” erano colonna sonora portante giornaliera: sono dell’idea che più ascolti un determinato genere e più venga naturale trarne ispirazione nel momento in cui ti metti a scrivere musica tua.
Se dovessi citare le formazioni che ci hanno dato il LA, non posso che aggiungere ai sopracitati altri nomi facilmente intuibili, come i Metallica, i Testament e ovviamente gli Overkill.

Di cosa parlano i vostri testi? "Disordine" di cosa?

I testi sono legati da un filo conduttore che è quello dei disturbi mentali, che partono dalla depressione, all’isolamento, all’alcolismo, a dipendenze varie. Abbiamo canzoni che parlano di pedofilia, omicidi, follia, altri che sono un pò più introspettivi, come Ascending to Disorder, Trained to Pain o Buried. Ci puoi trovare denunce, in alcuni casi si trattano argomenti delicati, in altri vengono sbattuti in faccia senza troppi fronzoli.

Voi siete Sardi. Com'è il metal dalle vostre parti, e quanto è facile uscire dalla Sardegna per suonare?

Bella domanda. Dal mio punto di vista, rispetto ad una decina di anni fa, quando c’era davvero molto movimento, ora si può notare un impoverimento “quantitativo” di gruppi che propongono musica propria, a favore, come penso dappertutto al giorno d’oggi, delle cover e tribute band. Non entro nel discorso “qualitativo”, essendo prettamente soggettivo, ma credo che in generale ci sia un po’ meno da dire e meno risorse per farlo.
Uscire dalla Sardegna non è tecnicamente difficile: servono soldi.

Diciamoci la verità: ormai siamo quasi nel 2020, e voi continuate a suonare questo thrash metal che tanto impazzava negli anni 80, e che avuto un ritorno di fiamma a metà anni 2000. Ci sono anche qui molti fans devoti, ma anche wannabes. Come ci si può davvero differenziare e farsi notare in questo ambiente musicale?

Se sapessi la risposta probabilmente staremmo parlando del quinto album e del tour di promozione che ne seguirebbe…
La realtà è che noi non ci poniamo limiti: suoniamo quello che ci vien fuori, senza preconcetti. Come detto prima, è ovvio che sia più naturale buttar giù pezzi che attingano dal proprio background musicale piuttosto che sedersi a tavolino e creare qualcosa di nuovo e mai sentito.

Non è la prima volta che vengo a conoscenza di una band thrash metal dalla Sardegna che apre i fondoschiena. Qual è la spiegazione per questo, secondo voi?

Non credo che sia una questione prettamente geografica: ci sono tantissime band valide in giro per l’Italia.
Per fortuna esistono ancora etichette come la nostra, la Punishment 18, che crede in questi piccoli progetti e da la possibilità alle band di uscire dalla sala prove.

Parlateci dei vostri progetti futuri.

È sempre più difficile, man mano che si va avanti, ritagliare del tempo per pianificare quelle che saranno le mosse del gruppo. Sicuramente questo è stato un anno intenso dal punto di vista lavorativo per tutti i membri della band, ma nel futuro non può che esserci l’obiettivo di incidere il terzo disco e di presentarlo con un tour, magari sulla falsariga di quello che abbiamo fatto con “Mindless”, andando in giro con i Master.
Anche partecipare ad un altro grande festival non sarebbe male…

Ultime parole famose…

Non vediamo l’ora di farci un giro promuovendo quest’ultimo disco, e speriamo in tempi meno biblici per la prossima release!! Grazie mille per lo spazio che ci hai concesso!

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Intervista di Snarl Articolo letto 2298 volte.

 


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