Intervista: Fleshgod Apocalypse
Tra qualche giorno partirete per il “Summer Slaughter”. Per voi è già il secondo tour americano in meno di un anno. Che aspettative ci sono per questo ritorno in America? Che sensazioni si respirano in casa Fleshgod?
Francesco :: Beh, il Summer Slaughter è un tour importante, soprattutto per gruppi death metal o in generale di metal estremo; sarà un festival itinerante che sicuramente attirerà tantissime persone, anche perchè viene ospitato all’interno di venues particolarmente grandi, cioè le ballroom americane, come la House Of Blues di Los Angeles. Quindi sarà un tour che darà una grossa esposizione alla band. Noi suoneremo tra i primi, ma sarà comunque una grande esperienza per noi, anche perchè saremo tra i pochi a rappresentare quella fascia death metal old style, per quanto oramai neanche noi possiamo più considerarci tali, ma a differenza di altri non siamo influenzati dall’hardcore o comunque dal “core” in generale. Quindi, insieme ai Dying Fetus ed ai Six Feet Under avremo di fronte un pubblico che segue più il nostro genere e abbiamo grandi aspettative per questo tour.
Una cosa che mi ha colpito di voi è che sotto l’aspetto live siete sempre stati molto attivi. Come riuscite ad affrontare i lunghi tour che intraprendete?
Francesco :: E’ molto semplice. Quello che facciamo è un lavoro come un altro, con i suoi pro e contro. Il vantaggio è che fai della creatività il tuo pane quotidiano, ma nel contempo, il rovescio della medaglia sono la distanza da casa ed i ritmi molto serrati. Su quest’aspetto, magari con il tempo ci sarà la possibilità di gestire i periodi in modo migliore, rendendo ben distinti il periodo di promozione del disco da quello della produzione in studio, in modo da poter tirare anche un po’ il fiato. Adesso, essendo noi ancora in uno status di band “emergente”, dobbiamo battere il ferro finchè è caldo e spingere più che si può senza pause. Nonostante ci sia la voglia di prendere e andarsene in vacanza, quando ci arriva una proposta di tour la accettiamo ben volentieri e ne accettiamo vantaggi e svantaggi, tipo lavarsi una volta a settimana (ride, nda).
Chiudiamo la parentesi e cominciamo a parlare di “Agony”. Nuovo album, nuova etichetta, nuovo (per modo di dire) innesto in line-up. Andiamo per ordine. Vogliamo parlare del nuovo disco e della gestazione che ha avuto? Com’è nato e come si sono sviluppati i brani al suo interno?
Francesco :: “Agony” è il primo disco dei Fleshgod Apocalypse realizzato come volevamo noi. E’ pieno di cose che non vanno, lo dico fin da subito, ma è anche una figata incredibile, perchè è uscito molto meglio di come poteva venire. E’ partito come tutti gli altri dischi, ovvero è stato impostato sui nostri trade-mark di sempre: la musica classica, l’approccio su un death metal europeo vecchio stile e molto melodico, l’inserimento delle voci pulite che abbiamo intrapreso già con “Mafia” ed i soli/non soli di chitarra a cascata di nota. Ci sono dunque dei tratti distintivi che lo accostano a “Oracles” e a “Mafia”. Per quanto riguarda il risultato finale, la grossa differenza la fa il lavoro di orchestrazione svolto da noi e Francesco (Ferrini, piano e programming, nda).
Rispetto al passato, trovi che i pezzi all’ascolto siano più immediati da assimilare e, passami il termine, “catchy”?
Francesco :: Sì! Il discorso è questo: se tu produci un disco, l’obiettivo è che piaccia, oltre che a te, anche agli altri. Quindi la prima cosa che cerchi è qualcosa che sia oggettivamente “bello”, anche se riconosco che sia praticamente impossibile trovare un elemento di tale portata. Fino a che gli strumenti sono tre (chitarra, basso, batteria), devi esprimere violenza, mantenere una certa velocità ed esprimere quei clichèt tipici del death metal. E in un certo senso, quando scrivi del materiale, sei limitato a dover fare questo. Nel momento in cui vengono inseriti strumenti come, ad esempio, l’oboe, puoi aprirti a mille soluzioni diverse. E’ un’arma a doppio taglio, perchè corri il rischio di entrare in generi completamente diversi dal tuo (vedi il power metal), però è anche vero che possono uscire fuori soluzioni che sì rimangono death metal, ma che al contempo sono anche di facile ascolto, “catchy”, immediate. E per quanto ci riguarda, spero che queste soluzioni non siano scontate, perchè ad esempio chi non può utilizzare programmazioni o tastiere utilizza riff di chitarra, pattern ritmici o “escamotage” di batteria (io li chiamo così) che rimangano in testa e che aiutino ad identificare la band. Pensa ai Fear Factory che con una nota hanno scritto una discografia!
Mi spieghi meglio come mai stavolta avete accentuato ancor di più l’elemento sinfonico/classico?
Francesco :: L’utilizzo delle programmazioni poteva essere in qualche modo rischioso, ma faceva parte anche dei nostri programmi iniziali scrivere materiale che fosse sempre estremo, ma che lasciasse il segno dal punto di vista emozionale. Come sai, vengo dall’esperienza con gli Hour Of Penance, dove si punta tutto sulla velocità, sull’impatto e su un tipo di riffing “old school”, perchè quella che scrive Giulio (Moschini, chitarrista degli Hour Of Penance, nda) è roba “vecchio stampo”. Ma quel che volevamo tirare fuori non doveva essere necessariamente violenza e stop, perciò l’inserimento delle parti orchestrali è stata in fondo l’unica “arma” che potevamo aggiungere, senza perdere qualcosa sotto l’aspetto degli arrangiamenti dei vari strumenti. E’ questo il discorso. Perciò quello che senti è sì melodico, ma con il nocciolo death metal sempre saldo.
Non si possono allora non spendere due parole sul lavoro svolto da Francesco Ferrini, che su “Oracles” e “Mafia” ha operato più “dietro le quinte” ed ora sarà presente con voi anche dal vivo. Quanto ha inciso il suo contributo sul risultato finale? E come mai la decisione di rendere anche lui parte attiva della band sul fronte live?
Francesco :: Partendo dall’ultima domanda, il fatto di inserirlo nella formazione live viene da sè, perchè l’elemento orchestrale è talmente tanto presente nel disco che sarebbe praticamente impossibile e ingiustificato renderlo dal vivo senza una persona che lo esegue. Poi, sotto il punto di vista proprio compositivo, prova ad immaginare una bicicletta che diventa una Ferrari. Quando scrivi un pezzo, metaforicamente la bicicletta sono i riff di chitarra, la base di batteria e un’idea di melodia che può essere inserita. Poi quando Francesco inserisce gli arrangiamenti di archi, percussioni, ottoni ecc., il pezzo viene arricchito da quel qualcosa in più che poi è l’elemento distintivo del disco, cioè quell’elemento sinfonico che segue i canoni e le regole degli arrangiamenti della musica classica.
Su “The Egoism” trova spazio anche la bella voce di Veronica Bordacchini degli In Tenebra. Come nasce la collaborazione con lei e come mai avete voluto inserirla all’interno di quel brano?
Francesco :: Su “The Egoism” c’era una parte che noi avevamo riservato per una voce lirica e, ovviamente, ci serviva un cantante o una cantante lirica. Alla fine abbiamo optato per questa seconda soluzione ed abbiamo scelto Veronica fondamentalmente per questo motivo: non vedo la necessità di andare a chiamare una cantante lirica, per esempio, austriaca, quando ne abbiamo una in casa a Perugia che canta da paura, detto proprio terra terra. Fin’adesso, ma lo spero anche per il futuro, non abbiamo avuto mai nessun tipo di problema nello scegliere i nostri collaboratori (produzione, realizzazione dell’artwork ecc.), che siano italiani o stranieri. E visto che il percorso dei Fleshgod è legato a certe persone che sono state centrali per il “successo” (almeno temporaneo) del gruppo - da Stefano Morabito dei 16th Cellar Studios a Salvatore Perrone con cui abbiamo lavorato di recente per la realizzazione di un video e che crediamo sia un altro esponente del made in Italy di qualità - noi vogliamo dare quante più opportunità di lavoro possibili a gente italiana che, come noi, ha creduto e crede fortemente in quello che facciamo e che non pensa che per fare un bel disco bisogna necessariamente andare in America. Bisogna investire su queste persone, anche perchè il futuro è fatto di gente che ad oggi è sconosciuta e, del resto, quelle che oggi sono celebrità fino all’altro ieri non lo erano. Andy Sneap non è diventato un produttore di fama mondiale dall’oggi al domani.
E ora, la domanda da un milioni di dollari: com’è avvenuto quest’accordo tra voi e Nuclear Blast?
Francesco :: Un contratto con Nuclear Blast si tira fuori in mesi, addirittura anni. Quando uscimmo con “Oracles”, parecchie persone che lavoravano per l’etichetta lo reputarono un buon disco e già da lì cominciarono a seguirci. Poi “Mafia” è stato il biglietto da visita vincente, perchè è stato seguito da una promozione incessante, con due tour europei ed uno americano. Ma fino a che la band non ha raggiunto livelli accettabili anche dal vivo, non ci hanno considerato minimamente. Poi quando anche io ho cominciato a suonare discretamente, gli altri erano anche più sicuri dei loro mezzi, la line-up era stabile e c’era serenità dal vivo, allora da quel momento hanno deciso di investire su di noi e di darci la possibilità di fare un disco e di promuoverlo sotto di loro.
E da lì le cose per voi sono cambiate oppure è rimasto tutto come prima?
Francesco :: Siamo rimasti gli stessi. E’ questo quello che vorrei che la gente sapesse. Mi sono fatto un giro in questi giorni nei vari forum su internet e ho letto un po’ di cose che mi hanno lasciato perplesso. C’è chi non apprezza l’album, c’è gente a cui non piace la cover, il logo ecc. Per carità, su certe cose mi trovo d’accordo, non sono una persona con i paraocchi: ci sono infatti degli aspetti che si potevano curare meglio e ci sarà sicuramente tempo per apportare miglioramenti in futuro. Però il pensare che firmare per Nuclear Blast equivalga a scrivere musica non tua, ma imposta da altri, e che equivalga a diventare un’altra persona rispetto a quella che sei sempre stata o ad innalzare il tuo tenore di vita è una cazzata. Noi vivevamo in un appartamento prima e tuttora ci viviamo, suoniamo ancora in una normalissima sala prove, dove il più grosso investimento che abbiamo fatto recentemente è stato l’acquisto del condizionatore. Quindi, non è che siamo cambiati, assolutamente.
Però avete già riscontrato delle differenze nel modo di lavorare, rispetto a quando eravate sotto contratto con Willotip?
Francesco :: Assolutamente. Rispetto al recente passato, ci sono un sacco di differenze. A livello di promozione e visibilità, lavorare con Nuclear Blast è qualcosa di incredibile. La gestione di tutti i canali promozionali non è più nostra, ma è seguita da loro ed è tutto più veloce ed immediato. C’è poi una progettazione della promozione molto più articolata: tutto ciò che viene fatto per te ha molto più senso e viene svolto con una certa regolarità. Abbiamo poi la possibilità di fare molte interviste con web-zine di tutti i tipi ed il nostro disco viene sottoposto a persone esperte, la cui opinione può effettivamente migliorare quel che facciamo, sia da un punto di vista compositivo, sia sotto l’aspetto live. Ad esempio, la gestione delle interviste una volta per noi era molto più casuale e caotica: molto spesso abbiamo dovuto disdire o rimandare delle interviste perchè eravamo in tour o perchè non riuscivamo a gestire la cosa. Adesso abbiamo a disposizione un calendario e già da adesso e in questo modo tastiamo con mano la differenza rispetto a quando auto-gestivamo quest’aspetto. Infine, un’idea te la puoi fare già per quanto riguarda la distribuzione del disco, che va a finire nei negozi e non in qualche distro.
A proposito, ma quand’è che uscirà “Agony” nei negozi?
Francesco :: In Europa uscirà il 19 Agosto, mentre in America il 9, perchè gli americani sono più fighi di noi e le cose da loro si fanno sempre prima (ride, nda).
Dall’immagine raffigurata in copertina e dal titolo dei pezzi (l’inganno, l’ipocrisia, l’egoismo, l’abbandono ecc.), si intuisce che anche questa volta dietro i vostri testi ci sia un filo conduttore comune. Ti và di spiegarcelo?
Francesco :: I testi sono stati tutti scritti da Paolo (Rossi, basso e voce, nda). Per quanto riguarda il concept, devi sapere che ultimamente ce ne sono successe di tutti i colori. Di conseguenza, abbiamo pensato di fare un disco che, sotto l’aspetto musicale e quello dei testi, parlasse di noi, intendendo per “noi” il genere umano, prendendo spunto anche da noi stessi come “campione” del genere umano. Perciò è venuto fuori un album che parla degli aspetti della vita, di come questi aspetti possano essere visti sotto due punti di vista, uno generale ed uno individuale, in cui ognuno, una volta identificato questo duplice aspetto, è libero di identificarsi dove vuole. “Agony” parla della lotta estrema con il male presente in ognuno di noi. Ogni individuo deve essere abbastanza forte da tirare fuori l’aspetto peggiore di sè e gestirlo nel modo più razionale possibile, quindi ecco spiegati titoli come “Egoismo”, “Abbandono”, “Ipocrisia” ecc. Apparentemente sembrano titoli banali, ma di fatto non lo sono. O meglio, lo sono se si vogliono vedere così. Ad esempio, se io avessi intitolato un pezzo “Casa”, per qualcuno potrebbe significare o tutto o niente. E invece no: vuol dire tutto e basta, perchè la casa è il luogo in cui ti rifugi, è il luogo in cui ti nascondi, il luogo in cui trovi una tua dimensione, oppure vivere la tua solitudine. Ogni cosa viene vista sotto un duplice aspetto, ad esempio l’egoismo è quel sentimento che manifesti nei confronti degli altri, ma è anche un sentimento ben radicato in ognuno di noi ed è impensabile negarne l’esistenza nel carattere di ogni individuo. Come è pure impensabile che, siccome esiste, allora è giustificabile.
Per ogni disco avete trattato un argomento di fondo che si estendeva su tutti i brani presenti. A questo punto ti chiedo: i Fleshgod sono una concept-band?
Francesco :: Certo, anzi, non esserlo è impensabile. Se hai la possibilità di scrivere un testo che, pur non essendo facilmente comprensibile all’ascolto, può essere letto e recepito da tante persone, puoi sfruttare una grande occasione per dire qualcosa che veramente pensi. Quello che voglio dire è che non è necessario fare dei concept obbligatoriamente in ogni disco, ma non mi piace l’idea dell’inesistenza di un concept all’interno del gruppo. Le persone che ne fanno parte hanno delle idee da esprimere ed è giusto che vengano esternate, che siano esse espressioni musicali, arte figurativa, le copertine e le fotografie di gruppo impostate in un certo modo ecc. Io sono totalmente a favore di tutte quelle persone che hanno qualcosa da dire, possa essere banale, non banale, che possa piacere o meno. Perchè un senso ai tuoi pezzi glielo devi dare per forza!
Per quanto riguarda l’aspetto promozionale, cosa vi aspetta dopo il Summer Slaughter?
Francesco :: Ci aspetta un altro tour americano, poi un tour europeo a cavallo tra Dicembre e Gennaio. Poi a Marzo andremo in Sudafrica e, se la burocrazia italiana ci assisterà, andremo in tour in Australia, Indonesia e tutto il sud-est asiatico. Poi magari una data all’Urban (a Perugia, nda), dove speriamo di non fare figure dimm... (ride, nda)
Cristiano :: ...come non è mai successo, che sia chiaro! (ride, nda)
Francesco :: A parte scherzi, è nostra intenzione fare anche un tour italiano, anche perchè ci stiamo accorgendo che inaspettatamente siamo una band amata in Italia. Ancora non ci hanno preso di mira, ma credo che le cose cambieranno, quando uscirà il nostro video (ride, nda).
Appunto, parliamo proprio del video: ce ne volete dare un’anteprima?
Francesco :: Il video è stata la cosa più bella che abbiamo fatto fin’ora. E’ stata una figata inspiegabile ed è stato pure divertente realizzarlo. Chiaramente siamo stati ripresi conciati in quel modo orribile con cui ci vestiamo di solito, ma vale la pena citare: la location, che è un posto incredibile, ovvero una villa del XIX secolo in Calabria di proprietà di un nostro grande amico, Giuseppe De Patto; il regista, che è stato Salvatore Perrone (un grande!); e la truccatrice, Claudia Castellani. Ma dietro tutto questo c’è anche il grande supporto emotivo delle persone che ci seguono ed è proprio a loro che dedichiamo questo video.
Dalle tue parole si intuisce un entusiasmo incredibile...
Francesco :: Sì, perchè è da quando sono piccolo che sognavo di fare una cosa simile. Che poi, una volta dentro le riprese, ti rendi effettivamente conto da solo che è una gran figata ed è una gran bella esperienza. Lavorare con Salvatore (Perrone, nda) è stato grandioso: lui è un professionista e, a mio avviso – e qui ci metto la firma –, sarà uno di quelli che farà il botto anche all’estero. E questo già sta succedendo, perchè ci sono tante band straniere che lo cercano per realizzare video. Noi speriamo di lavorare con lui il più possibile in futuro, anche perchè riesce a soddisfare le nostre idee un po’ fuori di testa (ride, nda).
Beh, siamo ai saluti. Volete lasciare un messaggio a Metalwave e ai suoi lettori?
Francesco :: Anzitutto, mando un grosso saluto a Jerico, Alcio e a tutto lo staff di Metalwave, che è il primo portale metal umbro e che sta diventando uno dei primi in Italia e sono particolarmente fiero che sia originario di Terni come me (anche se i ternani ora mi odieranno, perchè adesso vivo a Perugia, ahahahah!). In passato ha contribuito a far promozione ad un sacco di band, tra cui il mio primo gruppo, i T.E.R., ed anche i Fleshgod. Quindi continuate alla grande così! A lettori lascio questo messaggio: bisogna iniziare a darsi una mossa e a svegliarci, perchè siamo a livelli del terzo mondo sotto tanti aspetti, dall’approccio alle band alla serietà con cui si fanno le cose. In Italia siamo molto bravi a lamentarci, a dire che non ci sono soldi, gli spazi ecc. Gli spazi si creano, così come la musica, che tu scrivi, e le prove, che ti organizzi e le fai. Bisogna prendere le cose molto più alla leggera: tutte queste leggende metropolitane create ad arte sui contratti con le major sono pure balle. La cosa è semplice: tu fai un disco, mandi un promo, ti ascoltano e se gli piaci bene, sennò ciao. Pure per quanto riguarda i live, c’è sempre chi si lamenta per questo o quell’altro. Noi abbiamo fatto un sacco di date, di cui una buona parte disastrose. Eppure abbiamo continuato a suonare, senza tante chiacchiere, senza piangerci addosso, senza farci troppo influenzare dalle opinioni degli altri. Se ci svegliamo sul serio abbiamo moltissime possibilità in più di fare buona musica rispetto al resto del mondo. Abbiamo tante idee da sfruttare, ma ci fermiamo davanti alle prime difficoltà. Quando noi Fleshgod ci siamo detti di formare un gruppo che mischiasse death metal a musica classica, dandoci poi anche un tipo di immagine, siamo stati riempiti di critiche, ma in fondo a noi ce ne importava poco. A noi piace fare così, la cosa ci diverte e ci ha permesso di avere un’enorme visibilità. Essere bloccati dalle opinioni altrui rappresenta un freno alla creatività. Bisogna essere tutti un po’ più rilassati, ma specialmente ognuno deve essere libero di fare quello che vuole, perchè prima che la tua musica diventi un lavoro, deve essere soprattutto una cosa che ti piace, sennò non la fai. E lavorando sodo, poi pian piano i frutti arrivano: non è vero che non esiste la meritocrazia. Dipende da come vuoi affrontare le cose: se vuoi fortissimamente raggiungere un obiettivo, alla fine ci riesci. Se non ci riesci, avrai sicuramente qualche buon motivo per non riuscire nei tuoi piani, ma non c’è nemmeno bisogno di andare a rompere le scatole ad altri che, al tuo contrario, vogliono raggiungere quel traguardo. Tutto deve essere preso con più serenità, bisogna lavorare tanto ed affrontare anche i periodi in cui le cose non vanno come vorresti. Ma solo così si può arrivare concretamente ad ottenere dei risultati.
Cristiano :: Aggiungo solo un saluto "radiofonico" finale: (con voce impostata, nda) "Ciao ragazzi! Un grande saluto a tutti i lettori di Metalwave dai Fleshgod Apocalypse!"
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Intervista di Cynicalsphere Articolo letto 6426 volte.
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