Intervista: Mondrian Oak
Benvenuti Mondrian Oak. Cominciamo dal principio e raccontiamo un po’ la vostra storia, magari a partire dal nome… una citazione artistica dei famosi alberi di Mondrian?
Matteo :: Ciao, e grazie per l'intervista. I Mondrian Oak sono nati ormai una vita fa, nell'autunno del 2007, quando quattro ragazzi un po' fuori della realtà hanno deciso di suonare musica strumentale, non consci del fatto che questa sarebbe stata la loro maledizione, visto che qualsiasi cosa suonassero, fosse stato anche samba, sarebbero sempre e in ogni caso stati paragonati ai Pelican, anche se i Pelican non li avevano mai ascoltati, neanche di sfuggita, neanche sotto tortura. Venivamo da esperienze musicali diverse, alcune positive, altre disastrose e imbarazzanti. Alcune di quelle esperienze disastrose, insieme ad altri motivi, ci hanno poi portato a scegliere, per l'appunto, di non avere un cantante in formazione. Per quanto riguarda il nome, la supposizione è giusta! Volevamo qualcosa che rimanesse in mente e che fosse originale. Il nostro bassista aveva in casa una copia di quadro di Mondrian, con soggetto un albero, così ci ha detto "vi piace Mondrian Tree?" e noi abbiamo risposto "sì, ma meglio Mondrian Oak". Ed eccoci qua.
Qual è lo stile dei Mondrian Oak, secondo i Mondrian Oak? E i punti di forza della vostra musica?
Matteo :: Vorrei poterti rispondere con "non mi piace affibbiare un'etichetta alla nostra musica, lo trovo limitante", ma in realtà mi piace, per cui mentirei. L'unica cosa che proprio non sopporto, e con me i miei compagni d'avventura, è quando quest'etichetta è post rock. Nel senso, i Tortoise suonano post rock, e non riesco proprio a trovare nessun punto in comune con noi. E' il discorso di prima, quando uno sente un gruppo strumentale, magari con delle chitarre ribassate, fa subito l'associazione "strumentale = post rock = Pelican". E a me viene l'ulcera. In realtà il nostro obiettivo sarebbe quello di suonare musica con una forte carica emotiva, evitando come la peste la struttura in crescendo molto tipica di tante altre band senza cantante, cercando di tenere alta la tensione nello sviluppo delle canzoni e di rendere quindi la voce totalmente superflua. Spero che il nostro punto di forza sia proprio che riusciamo in quest'intento!
Parliamo del vostro secondo album, “Aeon”. Com’è nato e qual' è stato il lavoro di ideazione e produzione?
Matteo :: Aeon è stato un album studiato nei minimi particolari fin dal suo concepimento. Avevamo registrato il disco precedente completamente impreparati e ignari di ciò che facevamo, per cui il risultato ci aveva lasciato profondamente insoddisfatti. In più continuavano a paragonarci ai Pelican, e la cosa si stava facendo straziante. L'idea iniziale per Aeon era quella di fare una composizione unica, senza pause; volevamo raccontare una storia che coinvolgesse noi stessi in primis. Effettivamente, per quanto scontato sia dirlo, questa storia ci si è sviluppata davanti man mano che andavamo avanti, stile tunnel di Stargate. Il tutto naturalmente doveva essere senza voce, per cui ci siamo impegnati nel far sì che ci fossero degli elementi che tenessero viva l'attenzione durante tutta la durata del disco, tentando però di non risultare forzati. Volevamo anche che fosse un disco da poter suonare interamente dal vivo, e quindi senza sovraincisioni né suoni troppo finti. In questo Manuel Volpe, il ragazzo che ha registrato il disco, è stato fondamentale, facendosi prender bene lui per primo e mettendosi nei panni di un ascoltatore. Ci sono voluti due anni di parto per comporlo, ma il disco è esattamente il disco che volevamo, come lo volevamo.
Cosa vi ispira o vi ha ispirato di più, nella vostra formazione passata e nelle aspirazioni future?
Matteo :: Credo il voler suonare qualcosa che piaccia a noi prima di tutto, fino allo stremo. Abbiamo sempre saputo che l'essere strumentali avrebbe rappresentato uno scoglio iniziale per l'ascoltatore, ma non abbiamo mai voluto scendere a compromessi. Altrimenti avremmo suonato crust/hardcore dichiarando influenze black metal inesistenti, ci saremmo fatti fare un logo molto malvagio ma molto accattivante, avremmo messo croci rovesciate o altri spaventevoli immagini nelle magliette, e avremmo dichiarato la nostra bassissima considerazione della Chiesa. O saremmo saltati sul carrozzone del fantasticamente rinato black metal americano. Invece siamo degli sfigati cronici, ed è proprio questo che ci ha ispirato, e continua ad ispirarci. La nostra stessa sfiga ci ispira.
Trovo molto affascinante la scelta di usare i numeri come titoli dei brani, o di non vedere scritto nemmeno il titolo dell’album sulla cover. Mi ha colpito questa scelta precisa di limitare la comunicazione diretta, ogni parola che rimandasse a un concetto umano da trasmettere, lasciando così molto spazio a interpretazioni, suggestioni, fantasia...
Matteo :: Ti ringrazio davvero, era proprio l'effetto che volevamo ottenere, raccontare una storia completamente priva di ogni riferimento all'uomo e alla sua presenza. Le canzoni non hanno titoli proprio perché in realtà il disco è una sola lunga canzone, che comincia e finisce esattamente allo stesso modo. È l'eone del titolo, un qualcosa che non ha nulla a che fare con l'intervento dell'uomo, che è oltre la comprensione umana, ma che però ha l'uomo dentro di sé. È o non è essere sfigati tutto questo?
Che approccio consigliate, in generale, per la vostra musica? C’è un pubblico al quale volete rivolgervi soprattutto?
Matteo :: L'approccio che consiglierei io è di ascoltarsi il disco tutto d'un fiato e di lasciarsi trasportare (ed assolutamente ad alto volume, per apprezzare il master). Mi rendo conto non è proprio pratico, ma se uno magari ha un'ora libera da non usare altrimenti può anche provare! Non ci prendiamo responsabilità per eventuali melanconie post ascolto, però.
Qual è il paesaggio sonoro preferito dai Mondrian Oak, quello che vi piace e sperate di evocare?
Matteo :: Le due cose per nostra fortuna coincidono! Un paesaggio sconosciuto, a volte sovrastante, a volte sinistro, a volte desolante.
Difficile, nonostante la vastità dell’universo post-rock in generale, trovare una band italiana giovane e ispirata che sappia bene cosa fare, senza scadere nel vuoto o nella prolissità di contenuti. Secondo voi come vanno le cose nell’ambiente?
Matteo :: Devo confessarti che purtroppo ascolto poco o niente della scena italiana. Per dire, in questo periodo sono tornato per la settecentesima volta in fissa con City degli Strapping Young Lad. Nell'ambito strumentale però, mi è sempre piaciuto il primo ep degli Up There: The Clouds, e non troppo fa mi sono discretamente gasato con l'ultimo disco dei Magdalene. Anche i Donkey Breeder sono sempre stati dei gran fighi. Questi per esempio sono dei gruppi che reputo molto coinvolgenti e interessanti, ma soprattutto per niente attaccati agli stilemi classici di questo tipo di musica. Scommetto che neanche loro hanno mai ascoltato i Pelican.
Che ci dite a proposito dell’esperienza live?
Matteo :: Purtroppo abbiamo avuto un grosso stop ultimamente nell'attività live, sia per motivi personali che di formazione. Sembra anche remarci contro il fatto che di questi tempi se non sei grim and frostbitten o cinicamente disilluso nei confronti della società odierna non ti si caga quasi nessuno, capirai farti suonare dal vivo. L'unica volta in cui abbiamo suonato il disco nuovo live, però, siamo riusciti a ricrearne le sensazioni in maniera fedele, per cui siamo rimasti molto soddisfatti!
Fra retorica e promozione, l’ultima domanda: impegni e progetti per il futuro?
Matteo :: Per ora stiamo scrivendo materiale nuovo, con un grande colpo di scena, degno delle peggiori soap opera argentine: le canzoni nuove avranno la voce. Ancora non sappiamo che tipo di voce, però. Fosse per me chiamerei Devin Townsend e gli direi di fare quel che gli pare, che tanto mi sta bene qualsiasi cosa faccia. Stiamo anche suonando in maniera molto più sostenuta e ritmata, vedremo quel che salta fuori. Se qualcun altro in futuro tira fuori il nome Pelican per un paragone però, gli mando a casa un sicario! E dimenticavo, comunicazione di servizio. Venite a visitare il nostro sito http://www.mondrianoak.com, date un`ascoltata al disco che è interamente disponibile in streaming e anche se vi fa pietà scriveteci lo stesso per comprarlo, anche come sottobicchiere funziona bene!
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Intervista di MORO MOU Articolo letto 1796 volte.
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