Fear Factory + Havok

Data dell'Evento:
29.05.2012

 

Band:
Fear Factory
Havok [MetalWave] Invia una email a Havok [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Havok [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina Facebook di Havok

 

Luogo dell'Evento:
Orion Live Club

 

Città:
Ciampino (Roma)

 

Promoter:
Candlelight Records [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Candlelight Records .
Live Nation Italia [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Live Nation Italia

 

Autore:
Heavygabry»

 

Visualizzazioni:
2827

 

Live Report

[MetalWave.it] Immagini Live Report: Nessuna Descrizione 29 maggio 2012, tempo di avventurarsi per la prima volta alla ricerca dell'Orion, a svariati mesi dalla sua apertura ormai. Il locale ha ereditato le serate Radio Rock (prima previste alla discoteca Qube) e segue una politica del tutto particolare: non sono mai previste band di apertura di alcun tipo, se non quelle esplicitamente riportate nei (grandi) tour che passano per il locale. Un po' deludente, ma così è.
La ricerca del locale non è per nulla difficile e sono impaziente di entrare per dare un'occhiata alla struttura; fortunatamente la fila è poca (sono già arrivati quasi tutti i presenti) ed il biglietto preso in prevendita (con ben 70 centesimi di risparmio sul costo in cassa...) mi permette almeno di entrare subito. La struttura non mi lascia deluso: l'architettura sembra ripresa dall'Alpheus (altro locale praticamente scomparso dal punto di vista dell'organizzazione live), ma senza difetti come spazi strettissimi o colonne piazzate in mezzo alla sala ad impedire la vista. Certo, si tratta comunque di un locale riadattato da una discoteca, ma credo che la trasformazione in live club sia stata abbastanza indolore.
Il tempo trascorso prima del concerto ovviamente è dedicato agli stand delle band, ed è lì che noto un vero e proprio “segno dei tempi”: in quello dei Fear Factory sono in vendita t-shirt (carissime), set di plettri di Cazares, gadget di ogni tipo... ma non i cd. Neanche i Fear Factory stessi credono più di poter ricavare qualche spicciolo per sé dalla vendita diretta? Meno male che ci pensa il merchandise degli Havok a rincuorarmi, che punta decisamente su oggetti/feticci più classici, cd compresi.
Come recitava il biglietto? Inizio ore 22:00? Esattamente a quell'ora un'introduzione apocalittica anticipa gli opener del tour sul palco e David Sanchez esordisce con “We are Havok from Denver-Colorado, and it's time to fuckin' burniiiiiin'!”, partendo subito dopo con “No Amnesty”, presa dall'ultimo album “Time's Up”. Ammetto di essere arrivato poco preparato alla loro esibizione perché l'esplosione delle nuove leve thrash metal negli Stati Uniti rende difficile capire su cosa concentrarsi. Ma bisogna anche ammettere che alla Candlelight non sono stupidi, ed il tour europeo incentrato totalmente sulle due band del roster dell'etichetta ha un suo perché. In tre quarti d'ora la band mette letteralmente a fuoco ogni cosa, grazie a dei suoni quasi perfetti e con una setlist preparata in modo quasi ineccepibile: si passa dall'intricata “Morbid Simmetry”, con il basso di Jesse De Los Santos in primissimo piano alla terremotante titletrack dell'ultimo album (anche con una buona risposta del pubblico sotto il palco tra l'altro, si è scatenato più di un pogo). Meno azzeccata la scelta di inserire “Point Of No Return”, decisamente troppo lineare rispetto alle altre e – purtroppo – contenuta nell'ultimo omonimo EP, segno che forse per il futuro bisognerà abituarsi ad un sound diverso rispetto a quello che li ha caratterizzati finora. Il tempo non è eccessivamente tiranno con gli Havok, che scherzano con il pubblico e non risparmiano strette di mano durante e dopo i brani, e lo show si conclude con una dignitosissima “Afterburner”, presa direttamente dall'esordio del 2009 (produttivi i ragazzi!). Escono di scena con applausi meritatissimi e la lezione è sempre la stessa: puoi anche non inventare nulla, ma se lo fai bene ti verrà riconosciuto.
Durante il cambio di palco mi guardo attorno: ormai il pubblico si raduna sotto il palco in attesa dell'headliner, si può parlare almeno di 200 presenze (di un'età leggermente superiore alla media romana), se non qualcosa in più, ma è un dato da depurare dal fatto che il locale è impossibile da raggiungere per chi non possiede un mezzo proprio. Un numero non così malvagio quindi, considerando anche un biglietto per nulla economico in un periodo in cui si sono concentrate molte serate di un certo calibro (Dimmu Borgir, Exodus, Kyuss Lives!, Obituary...).
E così giungono Loro: la band che nei primi anni '90 ebbe il coraggio di ridefinire i canoni, che diede il tocco gelido proprio come quello di una macchina a ciò che prima era una violenza del tutto “calda” nel metal. Coloro che hanno inventato una formula e l'hanno abbracciata irreversibilmente, tra gli ovvi alti e bassi che comporta una scelta del genere, ma che hanno impresso in modo permanente nella musica quella doppia F, facendo perno praticamente sempre intorno a se stessi e nient'altro.
E tornano dai fan, che gli perdonano gli anni passati a vomitarsi veleno addosso a vicenda e che oggi possono rivedere metà del cuore della band ricostituito con Bell e Cazares, a scapito di turnisti dalla dubbia durata (al basso troviamo Matt De Vries proveniente dai Chimaira e alla batteria Mike Heller, che ammetto non aver mai sentito nominare prima).
Iniziano, presentati da un'intro carica di epicità (che non c'entra niente, ma vabbè), preludio di un trittico da lacrime che arriva dal 1998: “Shock”, “Edgecrusher” e “Smasher/Devourer”. Ora, mettendo da parte l'emozione, c'è da dire che l'inizio non è stato dei più incoraggianti: strumentalmente la band è perfetta, ma l'anello debole è proprio Bell, che si fa largo faticosamente nelle parti in clean, pur aiutato da molti effetti e certe volte sbagliando comunque le note. I suoni del locale si mantengono puliti, i fonici di sala e di palco lavorano abbastanza bene assieme, anche se ricompare un paio di volte un problema che già avevo notato con gli Havok: tutto d'un tratto è come se venisse collegata una nuova cassa agli strumenti, con conseguente sbalzo di volume (notevole) verso l'alto. Inconvenienti a parte, in poco tempo anche la prestazione di Bell migliora: la prima prova positiva è sui pezzi di “Digimortal”, già con “Acres Of Skin”, ma ancora meglio nella tamarrissima “Linchpin”. Si prosegue tranquillamente con i pezzi dell'ultimo album (niente cali particolari a livello vocale), e pur mancando pochissimo all'uscita di “The Industrialist”, lo spazio concessogli è limitato al singolo “Recharger” e nulla più. Funziona bene dal vivo, pur non essendo un pezzo esaltante, quindi spero di trovare qualcosa di più sorprendente, anche se dopo vent'anni di carriera non si può certo pretendere il top.
Piccola parentesi: la band interagisce col pubblico tirando fuori anche qualche parola di italiano, ma a conferma della nostra immagine all'estero mai troppo positiva, a Bell sfugge un “bunga bunga” che causa un attimo di gelo nel pubblico.
Superato questo momento imbarazzante, si torna dal presente al passato più remoto con “Martyr”, momento di congiunzione verso l'attesissimo finale con i pezzi del capolavoro mai ripetuto, “Demanufacture”. Su “Martyr” la chitarra di Cazares sembra avere un suono pastoso, ma si tratta di un momento isolato per fortuna. Andiamo verso la conclusione ormai, ed è proprio qui che la band dà il meglio di sé, chiudendo lo spettacolo con quattro colossi: è la stessa “Demanufacture” a riportarci ai giorni d'oro della band seguita da “Self Bias Resistor”, ma l'apice senza se e senza ma è stato raggiunto con la successiva “Zero Signal”. Una perfezione da lacrime. Il finale, chiesto a gran voce dal pubblico, è affidato prevedibilmente a “Replica”: Burton C. Bell appare leggermente in difficoltà, ma non tanto da buttare all'aria il risultato di una serata “combattuta” bene.
È il momento dell'uscita di scena, ogni membro stringe la mano alle prime file del pubblico e calano le luci sul palco. Non ci sarà alcun bis, si capisce dai roadie che arrivano velocemente per smontare l'attrezzatura della band, ma un'ora e un quarto di show è più che accettabile, soprattutto con una setlist del genere. Per me, i Fear Factory del 2012 sono promossi.

Setlist:

Shock
Edgecrusher
Smasher/Devourer
Acres Of Skin
Linchpin
Powershifter
Fear Campaign
Christploitation
Recharger
Martyr
Scapegoat
Demanufacture
Self Bias Resistor
Zero Signal
Replica

 

Immagini della Serata

 

Recensione di Heavygabry Articolo letto 2827 volte.

 

Articoli Correlati

News
Concerti
  • Spiacenti! Non sono disponibili concerti correlati.