Nuumak «Shout» (2006)

Nuumak «Shout» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Lion »

 

Recensione Pubblicata il:
--

 

Visualizzazioni:
1875

 

Band:
Nuumak
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Titolo:
Shout

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
Manolo Deiana : Chitarra e Voce Fabrizio Di Martino : Batteria
Alessandro De Tommaso : Chitarra
Ciro Autiero : Synth
Gianluca Petretti : Basso

 

Genere:

 

Durata:
35' 18"

 

Formato:

 

Data di Uscita:
2006

 

Etichetta:

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Questa band nostrana, proveniente da Viterbo, si presenta con un cd di sei pezzi dalle sonorità vicine ai Korn per ciò che riguarda le ritmiche di batteria e chitarre molto cadenzate e piuttosto ribassate, che ricordano appunto la band californiana, ma con innesti dal sound decisamente più moderno e core, soprattutto per ciò che riguarda la voce.
Il cd si apre con “Father Of Life”… un breve intro, con un tocco di voce pulita, e subito subentra una rabbia pura esaltata dalla voce urlante di Manolo Deiana e da una chitarra vibrante che quasi vi obbligherà a scuotere la testa. A seguire “Embrace”, che continua il lavoro con un pizzico di nostalgia nella voce e nei riff, ampiamente supportati da una tastiera che crea sullo sfondo atmosfere elettroniche. Una voce soave di donna chiude la canzone. L’album prosegue senza pause e così arriva la terza traccia “Black Roots” aperta da batteria e tastiera, che danno alla voce la possibilità di esprimersi in un pulito malinconico, seguito dal quasi ormai aspettato (e forse un po’ troppo intuibile) riff statico e pesante con screaming voice. Arriva così il momento di “Slave”, a mio parere la traccia più bella del cd. Basso e batteria, sempre un po’ scontati, danno il via ad un escalation di violenza musicale, a volte interrotta da innesti di voce distorta elettronicamente, che fanno da contorno a questa esplosione di riff quasi meshugghiani. La frase urlata “I know you’re slave” penetra nella testa, preparandola alla penultima canzone, “The Stone of Damned”, che si avvia nuovamente con batteria, basso, tastiera e voce pulita...anche stavolta forse un po’ prevedibili. I minuti scorrono fino ad arrivare alla chiusura dell’album con “Breathless”, la quale si preannuncia veloce e cattiva all’inizio, con ritmi molto simili ai Meshuggah di “Nothing” , ma che poi si perde un po’ nelle linee vocali e nei giri di chitarra già sentiti in precedenza. Nuovamente una voce femminile fa la sua breve comparsa al centro della canzone, prima del ritornello finale che chiude l’album in maniera secca e decisa.
Concludendo si può sicuramente notare che gli assoli di chitarra non sono proprio il punto forte di questa band, che punta più sull’impatto del muro sonoro della ritmica e della voce, ma che nel complesso riesce bene nel suo lavoro. Forse non originalissimi, ma meritano comunque almeno un ascolto, che potrebbe anche trasformarsi in qualcosa di più per gli amanti del genere.

Track by Track
  1. Father Of Life 70
  2. Embrace 70
  3. Black Roots 70
  4. Slave 75
  5. The Stone Of Damned 65
  6. Breathless 70
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 80
  • Qualità Artwork: 65
  • Originalità: 70
  • Tecnica: 70
Giudizio Finale
71

 

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