Lunocode «Last Day Of The Earth» (2011)

Lunocode «Last Day Of The Earth» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Cynicalsphere »

 

Recensione Pubblicata il:
--

 

Visualizzazioni:
2193

 

Band:
Lunocode
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Titolo:
Last Day Of The Earth

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
Giordano Boncompagni - guitars
Paride Mazzoni - guitars
Francesco Rossi - bass
Perseo Mazzoni - drums

Guest:
Cecilia Menghi - vocals

 

Genere:

 

Durata:
33' 42"

 

Formato:
EP

 

Data di Uscita:
2011

 

Etichetta:

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Dietro al monicker Lunocode altro non si cela che il progetto Anima, power metal band dell’alto Tevere (San Giustino per la precisione) attiva da ormai sei anni, che nel 2007 aveva prodotto il discreto demo “Birth”, guadagnandosi sufficienti consensi fra gli addetti ai lavori ed una buona notorietà nell’ambiente metal umbro e nazionale. Cambiato nome per via delle tante, troppe omonimie in circolazione (la prima che mi sovviene è quella con un gruppo death metal di Nordhausen, Germania), i nostri si ripresentano oggi con questa loro seconda prova in studio, l’Ep “Last Day Of The Earth”, forti di un deal con la Spider Rock Promotion e di un prodotto che mostra grossi miglioramenti da parte del gruppo su parecchi fronti, dalla produzione all’esecuzione, dal song-writing generale alla tecnica individuale dei musicisti qui all’opera.
Missato da Davide Fatemi (già al lavoro con Povia) ed affidato alle cure di Ronan Chris Murphy (King Crimson) per il mastering, “Last Day Of The Earth” si mantiene sulle coordinate stilistiche del power metal nord europeo, con un occhio di riguardo verso il prog e l’heavy classico, influenze da sempre care alla band, che su questa massiccia base innesta una potente voce femminile. È chiaro che, dato l’alto numero di compagini che in passato si sono cimentate nei succitati generi, qui dentro ci sia ben poco spazio per l’innovazione, essendo già stato detto tutto quel che si doveva dire. Ma se la qualità c’è e la prova offerta è significativa, allora è giusto renderne merito. I Lunocode non inventano niente, è assodato, ma sanno far bene il loro mestiere e la mezz’ora qui offerta ci mostra una band forse ancora intrappolata dai fantasmi dei suoi principali riferimenti artistici, ma già con le carte in regola per ambire a risultati ben più ragguardevoli in futuro.
La stoffa dei Lunocode si intuisce fin dai primi secondi di “Flow, My Tears”, prima vera e propria traccia del disco che segue la breve intro “Different Meanings”. Power metal, dicevamo, veloce e ben suonato, tecnico e gradevole. Si nota immediatamente che la band sia cresciuta sotto tutti i punti di vista: le melodie costruite dal reparto strumentale, notevolmente migliorato tecnicamente, scorrono piacevoli lungo l’ascolto, la sezione ritmica compie a pieno il suo dovere e le chitarre si destreggiano fra trame variegate e precise. Va però detto che l’alone di gente come Stratovarius, Angra o Helloween rimane ancora in agguato e, come nelle successive “Universal Plan” e “Heart Of The World”, in certi frangenti risulta anche fin troppo evidente, sebbene i Lunocode cerchino di allontanarsi dai loro precursori inserendo passaggi più raffinati ed epici. Con “Silent Thoughts” ed “Invisible Tears” le atmosfere cambiano radicalmente ed i Lunocode ci introducono nel loro lato più intimista. Qui emerge la capacità del gruppo di saper proporre brani semplici, delicati e sognanti allo stesso tempo. Ma se nella penultima traccia l’eccessiva lunghezza porta inevitabilmente a schiacciare “skip” sul lettore, su “Invisible Tears” (brano già presente su “Birth” e qui rivisitato in chiave acustica) nemmeno il più insensibile degli ascoltatori potrà rimanere indifferente di fronte alla dolcezza trasmessa dalla chitarra e, soprattutto, dalla voce di Cecilia Menghi, cantante di gran gusto e d’indiscusso valore, qui all’ultima apparizione con la band altotiberina prima della sua dipartita.
In definitiva, tanti sono i buoni spunti, ma anche le cose da rivedere per i Lunocode, che nel frattempo hanno ingaggiato al microfono la cantante Daphne Romano, a cui spetta l’arduo compito di sostituire la defezionaria Menghi. La strada per i cinque umbri non sembra però così tortuosa, in quanto, se la band saprà unire alle sue già ottime doti tecniche e compositive una buona dose di personalità, potrà assicurarsi un futuro decisamente più roseo. In bocca al lupo!

Track by Track
  1. Different Meanings S.V.
  2. Flow, My Tears 75
  3. Universal Plan 70
  4. Heart Of The World 65
  5. Silent Thoughts 60
  6. Invisible Tears 80
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 80
  • Qualità Artwork: 60
  • Originalità: 60
  • Tecnica: 80
Giudizio Finale
70

 

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