Umbah «Enter The Dagobah Core» (2012)

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Snarl »

 

Recensione Pubblicata il:
--

 

Visualizzazioni:
744

 

Band:
Umbah
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Titolo:
Enter The Dagobah Core

 

Nazione:
U.k.

 

Formazione:
Cal Scott :: Vocals, Guitars, Bass Programming

 

Genere:

 

Durata:
53' 52"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
2012

 

Etichetta:

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Avantgarde industrial Death Metal? Assolutamente no. Cybergrind? No per cortesia! Questo tredicesimo album (!!!) della one man band inglese Umbah è un disco free, molto Industrial e poco metal visto che ci troverete perlopiù influenze di band come Ministry, Prodigy, Placebo addirittura e Combichrist, con tratti drum ‘n bass distinti e altri momenti effettivamente cyber death, che pure se presenti non sono comunque la componente predominante, oltre a influenze nettamente jazz e fusion.
Questo “Enter the dagobah core” è un vero caos. È il frutto di un musicista completamente eclettico, che rifiuta la linearità per rifugiarsi nel mondo della musica astratta, dell’incatalogabile e dell’imprevedibile. Un disco che in quasi 54 minuti sciorina pezzi che grazie all’elettronica, ai pedali, a influenze varie e contaminazioni ti disorienta e ti conduce nel pazzo mondo di Cal Scott. Cambia così tante volte genere, sperimenta così tanto e va talmente oltre, che il confine tra sperimentazione e la non intelleggibilità qui è portato a livelli da pochi sopportabili, e anzi molti potrebbero premere anticipatamente il tasto “stop” per crisi di rigetto. Ma per focalizzare il disco servono molti ascolti. E una volta ascoltato l’album, non si può non concludere che questo disco è per i folli dissezionatori di cd a livello sonoro, per chi la musica la viviseziona clinicamente piuttosto che apprezzarne l’emozionalità contenuta, ed è fanatico delle stranezze, anche se non propriamente utili da un punto di vista di feeling delle composizioni. Solo persone così potrebbero ascoltare e godersi questo cd. Per darvi un’idea di come questo cd suona, prendiamo la penultima canzone: “Zombinods”, e riflettiamo sulla sua struttura: in 4 minuti e 26 secondi abbiamo le seguenti cose: un inizio schizoide e elettronico. Evolve in una specie di Biohazard schizzati e industrialoidi, prosegue dopo una buona parte veloce, in una parte drum ‘n bass, poi pare manson per la voce che ha, poi si stoppa ancora e sembra i System of a down, poi è schizofrenia generale, con infine un cantato pulito. Chiusura rumoristica, e cìè tempo pure per una parte tipo Nine inch nails apocalittici, per poi finire col nu metal. Se immaginate un brano così, e magari il brano finale che è una specie di alternative somigliante a dei placebo cyber incrociati coi prodigy, forse potreste capire di fronte a che musica vi trovate davanti.
Tutto bello, contaminante, artistico e genialoide, già. Cal Scott sa scioccare, ma aldilà di questo i suoi brani valgono qualcosa? Beh, partendo dal fatto che il disco dovete sentirvelo da soli per avere una vostra opinione (questo è uno di quei casi dove una recensione non basta per capire la musica proposta), io rispondo che Umbah è un progetto solo discreto, che mette molte influenze, ma cambia troppe volte tempo e stile senza un motivo ben preciso, in fin dei conti. Spiazza, ti trascina nel mondo del compositore, ma ben poco rimane in testa. Questo disco è un campo talmente aperto che c’è troppa contaminazione e troppo poche definizione e struttura dei brani. Mancano degli anche sporadici groove trascinanti, puntate melodiche, qualcosa che dimostri le capacità di Cal Scott a parte fondere le più disparate influenze. Si ha l’idea di ascoltare degli sfoghi interiori più che delle canzoni, il che beninteso, va bene, ma se non ci si immedesima nella giusta forma mentale si rischia di non capirci niente.
È altrettanto ovvio che alcuni brani sono comunque ingegnosi e interessanti, come la bella “Temple Bar”, la title track, “Hypnotic implant”, “Mad zu chong” e “Oberon Tales”, ma anche che non si sa con quale entusiasmo si può voler sentire 2 volte questo cd. Alla fine, sembra che il cd non sia per amanti del metal, ma piuttosto fatto da e per amanti dell’industrial e della musica storta e strana. Io per me, sono buono e lo reputo solo interessante e indubbiamente ben fatto e ragionato, anche se sinceramente a parte questo poco altro mi rimane di esso. Del tutto sconsigliato a chi cerca atmosfera, razionalità e rilassatezza e soggettiv, da sentire e valutare per bene prima di giudicarlo per l’ascoltatore medio. Dovete essere dei pazzoidi eccentrici e amanti delle cose non normali per comprare questo cd degli Umbah... ed è proprio per questo motivo che dovreste farlo, se lo siete.

Track by Track
  1. Whispers of a dying sun Pt. I 60
  2. Bolderok Naron 65
  3. temple Bar 70
  4. Dr. Geiger 55
  5. Enter the dagobah core 70
  6. Hypnotic implant 70
  7. Cosmic Garland 65
  8. Mad Zu Chong 60
  9. Oberon Tales 70
  10. Rackborn skin expulsion 55
  11. Serokate Fornion 65
  12. Zombinods 60
  13. Whispers of a dying sun Pt. II 60
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 70
  • Qualità Artwork: 75
  • Originalità: 85
  • Tecnica: 80
Giudizio Finale
67

 

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