«Armageddon In The Park 2012»

Data dell'Evento:
28.07.2012

 

Nome dell'Evento:
Armageddon In The Park 2012

 

Band:
Onslaught [MetalWave] Invia una email a Onslaught [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina Facebook di Onslaught [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina Twitter di Onslaught [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina MySpace di Onslaught [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il canale YouTube di Onslaught [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina ReverbNation di Onslaught
Master
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Sabotage
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Luogo dell'Evento:
Parco Comunale

 

Città:
San Giacomo Degli Schiavoni (CB)

 

Promoter:
Armageddon in the park 2012 [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Armageddon in the park 2012 .
Italian Thrash Attack [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Italian Thrash Attack

 

Autore:
Snarl»

 

Visualizzazioni:
4470

 

Live Report

[MetalWave.it] Immagini Live Report: Nessuna Descrizione Per tutti i metallari del centro Italia in ferie dal lavoro e che hanno finito la sessione estiva di esami universitari, l’appuntamento della stagione è la nona edizione dell’ormai rinomato Armageddon in the Park, che quest’anno ci propone un bill da me personalmente più gradito di quello dell’anno scorso, che a mio avviso presentava degli headliner non eccezionali (Vader, già visti 4 volte nel centro Italia prima di quel concerto, e Gama Bomb, sinceramente belli ma non fondamentali nella loro discografia se non a tratti), e una proposta musicale che direi era troppo unidirezionale.
Fortunatamente quest’anno le cose cambiano quel poco che basta per rendere lo show adatto ad un range di gente più ampio e non troppo chiuso in un determinato genere, nonché con un gruppo headliner di culto come gli Onslaught, ovvero famosi, convincenti musicalmente e già noti nel centro Italia adriatico per essere venuti a suonare una volta in Abruzzo.

Le danze partono abbastanza in orario con il consueto gruppo locale in apertura, il cui ruolo è stavolta coperto dai Blacksters di Campobasso Sakahiter. Questo quartetto, che ha alternato momenti di attività a momenti di assoluta stasi, e che ha fronteggiato diversi cambi di formazione, fa tutto ciò che un gruppo Black Metal può fare in un concerto prevalentemente thrash, d’estate, in apertura e di pomeriggio: poco, ma ci basta. La prestazione onesta di questi quattro campobassani consiste in 5 pezzi di una musica che è sempre stata abbastanza personale e tirata, poco trita e poco riconducibile ad un nome in particolare di riferimento; e poco altro. Un po’ di intrattenimento, un po’ di movimenti su e giù per il palco, nessun atteggiamento da true di serie Z e tanta voglia di svolgere il proprio lavoro diligentemente e senza sbavature, a parte forse nel brano finale, nonché l’unico ripreso dai vecchi demo, ovvero “Bloodstained Agony”, dove il chitarrista/cantante lascia la chitarra e far eseguire il brano con una chitarra sola. Il che non sarebbe un male se non fosse per il fatto che l’altro chitarrista aveva un suono veramente pessimo e confusissimo.
A parte questo, lo ripeto: un gruppo spalla deve saper fare solo una cosa: scaldare l’audience per i gruppi a venire ed evitare che magari il pubblico girovaghi scazzato per l’area concerto. I Sakahiter l’hanno fatto, e con una prestazione positiva se inquadrata nel contesto. Ben fatto.

Salgono ora sul palco i torinesi Endovein. Approvata da me l’idea di dare posto solo a un gruppo locale e a dare il posto vacante ad un gruppo underground italiano non locale, non ci rimane che ascoltare la proposta musicale di questo gruppo che si è presentato senza un chitarrista. E gli Endovein convincono, non c’è che dire. Certo, i suoni non erano perfetti per via del basso troppo alto, ma la band ci dà dentro con una buona presenza scenica e con un tasso tecnico rimarcabile, nonché con una musica old school fino al midollo che mischia un po’ di Megadeth con tanto degli Anthrax che risulta però sufficientemente fresca e coinvolgente, alle volte che non si prende neanche troppo sul serio, come il momento in cui all’interno di un brano gli Endovein eseguono parte della celebre colonna sonora del Benny Hill Show, per poi riprendere a macinare.
Insomma: il concerto degli Endovein è stato un ottimo antipasto dell’old school che quella sera ci sarebbe stato proposto, con una musica riproposta molto bene ed in maniera fedele all’originale. E i risultati sono stati recepiti dal pubblico molto bene, tanto è vero che molta gente (me compreso, lo ammetto) si è completamente lasciata andare a fine concerto alla conclusiva “Endovein are Adrenaline… for your fucking summer”, dove il ritornello è stato quasi completamente cantato dal pubblico che non conosceva il brano prima d’ora e senza incitazione da parte del gruppo. Qualcosa significherà anche, no? Promossi anche loro!

Per quello che riguarda gli Antropofagus da Genova, gruppo death perlopiù famoso fuori dall’ambiente death per essere stato il primo gruppo di Argento, famigerato fondatore degli Spite Extreme Wing (e ad oggi comunque non in formazione), vi dirò che pur non avendo sentito granché la loro musica, mi aspettavo da loro molto. Perché? Perché a rileggere giorni fa una loro vecchia intervista rilasciata per Grindzone nel 2001 gli Antropofagus sembravano sapere il fatto loro e sapere come dare qualcosa di più al death made in italy, tanto è vero che alle ultime parole per concludere l’intervista, risposero: “non ascoltateci, potreste rendervi conto che il gruppo in cui suonate non ha senso di esistere”. Provocatorio, spocchioso o detto con sincerità? Non lo sappiamo. So soltanto che il concerto che ho visto degli Antropofagus ieri è stato il concerto di un gruppo qualsiasi brutal death metal. Musicalmente abbastanza interessanti, ma esecuzione molto fredda e pochissima interazione col pubblico, il che non è molto una bella cosa quando proponi un death abbastanza tecnico e hai una sola chitarra. La qualità musicale non era male, ma da live questo gruppo ha offerto ben poco. E non vale la scusa del “erano fuori contesto”: i Sakahiter erano fuori contesto ed in peggiori condizioni, ma loro se la son cavata.

E veniamo alla rivelazione della serata: i Sabotage! Non tutti forse conoscono questo gruppo heavy metal famoso negli anni 80 e riformatosi in questi ultimi anni, con alla voce il famoso (per la sua militanza coi Domine) Morby, una tra le migliori voci italiane heavy metal secondo me.
Per la verità li avevo già visti a Martinsicuro nel 2010, e per quanto fossero stati davvero bravi tecnicamente, la loro musica non mi colpì nel profondo come qualità: troppo melodici, troppo poco cattivi e troppo (come li definì un mio amico) “poweroni”. Tecnicamente e come presenza scenica erano supremi, ma musicamente proprio non m’interessavano.
E invece in questa occasione sono stati semplicemente magnifici. I Sabotage sono stati quelli che hanno goduto dei suoni migliori della serata, hanno mostrato un tasso tecnico eccellente e soprattutto hanno presentato una scaletta che a detta dei presenti in entrambe le serate, era profondamente diversa. E si è sentito: la scaletta era molto più heavy metal e meno power, più aggressiva, meno melodica ma sempre riproposta con una grande classe e con capacità. Poche parole: i Sabotage han fatto piazza pulita con un pubblico che si è letteralmente scatenato mentre si faceva scuro, con stage diving a profusione e con tanti applausi e tributi al nome dei Sabotage. Ben fatto e decisamente bello. Di gran lunga finora il concerto della giornata (che ormai è giunta a sera) non perché è meno power, ma semplicemente perché la qualità della musica, della tecnica e dell’impatto scenico non è mai scemata, con il buon Morby sempre ottimo frontman. L’AITP comincia a fare sul serio...

Salgono ora sul palco gli Extrema, uno tra i gruppi da me meno graditi di sempre in Italia. Ma si sa, i live report non sono fatti per una recensione musicale quanto per l’impatto live. E mi dispiace, ma per me gli Extrema toppano anche da questo punto di vista. Sinceramente, il loro concerto mi ricorda gli ultimi concerti da me visti dei Necrodeath, ovvero un gruppo in pienissima parabola discendente. Un gruppo che si salva solo per l’esperienza sul campo e nient’altro: presenza scenica scarsa, spocchia, odiabili pistolotti tra canzone e canzone e canzoni che tra l’altro hanno una sola ragione di esistere: i Pantera. Tutto questo o quasi si deve al concerto questi quattro milanesi che di storico per me hanno solo il nome e di speciale hanno solo una cosa: il fatto di non essersi mai sciolti rispetto ad altri gruppi, anche se con una identità musicale molto variabile a seconda dei trend. Due brani all’inizio e un paio di brani finali è tutto ciò che riesco a sentire degli Extrema. Per il resto, non ce l’ho fatta proprio a sorbirmi dei brani che, se fatti da un altro gruppo, avrebbero solo suscitato un timido riscaldamento della folla. Grottesco anche il momento finale, in cui la band dopo anni ed anni di esperienza conclude con applausi di luce riflessa, dovuti alla cover di “Ace of Spades”. Un po’ come se un professionista dopo anni di lavoro, riesce a convincere solo grazie all’aiuto di qualcun altro. Si prega l’audience metal italiana di togliere l’attenzione di certi miti del passato ormai in caduta libera e di riservare soldi, pogate ed energia a chi le merita, grazie.

Altra sorpresa della serata: deludono purtroppo anche i Master! Com’è possibile, direte voi, che un gruppo dalla carriera trentennale o quasi possa deludere? La risposta io non la so assolutamente, ma so che i Master salgono sul palco e ci regalano un concerto fatto molto scazzato, almeno da parte di Speckmann e del chitarrista, che si limitano davvero a fare il minimo indispensabile: suonare i brani, spesso neanche annunciarli se non in un inglese a malapena udibile, e con un suono praticamente catastrofico, con l’unica chitarra della band inascoltabile. Risultato? Timida interazione col pubblico, poca sostanza e alcuni pezzi sinceramente poco comprensibili. Insomma: uno show mediocre. Posso anche capire una data che va a vuoto, può capitare a tutti, posso anche capire che molti dei presenti si sono lamentati del sound dell’intero concerto e che quindi la colpa neanche sia del tutto loro, ma i Master anche così non ci convincono per nulla: sembra che neanche ci abbiano provato a fare qualcosa di decente. Da risentire, ma nel frattempo l’ultimo posto in classifica non glielo toglie nessuno, mi spiace.

E appena tocca agli Onslaught, parte il delirio. La band oltre ad esser già dotata di un indubbio spessore e di una non minore rilevanza nella scena thrash europea, ha già avuto modo di mostrare le proprie capacità in passato per alcuni concerti già fatti nel centro Italia adriatico, per cui non ci sono scuse. E infatti così è.
La scaletta è perfetta e parte con “Killing Peace”, il cui chorus è onestamente proprio quello che ci voleva, poi subito attaccata ci sta “Born for war”, e poi ancora quasi senza prendere fiato “Let there be death”, “Angels of death”, “Destroyer of Worlds”, “Rest in pieces” e la celeberrima “Metal Forces”. Il resto del concerto è affidato ad altri brani storici del loro repertorio come “Fight with the beast”, “Sound of violence” e “Power from hell” e “Thermonuclear devastation", queste ultime due riproposte nei bis. Non c’è che dire: centro secco per gli Onslaught, che sono la chiusura in bellezza di un grande evento musicale. Certo, i suoni non erano affatto male ma neanche erano perfetti come con i Sabotage, ma non è proprio quello il punto: il punto è che l’attitudine positiva e rilassata di questi cinque inglesi, la voglia di interagire col pubblico facendocisi sentire e non borbottando un inglese americano mezzo svogliato come i Master, la voglia di suonare e far divertire prevale e rende il concerto degli Onslaught il concerto più riuscito di questa giornata. Un concerto diretto, suonato in maniera precisissima, granitico e sempre estremamente coinvolgente. Bello anche il momento in cui Sy Keeler si intrattiene con il pubblico a dirci quanto gli piaccia venire a suonare in Italia, ed anche quando ci parla brevemente del nuovo disco degli Onslaught, che avrà l’arduo compito di farci dimenticare “Sound of Violence”. Tutto questo denota vicinanza col pubblico e nessuna voglia di tirarsela. D’altronde già gli Onslaught suscitarono un’ottima impressione e di essere tipi “alla mano” quando vennero a suonare a Pescara, dove loro mandarono su myspace richieste di amicizia a tutti i gruppi metal tra Pescara e Chieti. Un esempio di devozione all’underground sinceramente raramente visto in giro e dal quale dovrebbero imparare molte altre persone.

In conclusione: classifica di apprezzamento dei concerti: primi gli Onslaught, perché simpatia, cordialità, cuore e passione rendono sempre il doppio se non ancora di più. VOTO: 100.
Secondi poco staccati i Sabotage, portatori con classe, ottimi suoni e professionalità dell’heavy metal italiano, il tutto senza neanche un grammo di campanilismo patriottico. VOTO: 95
Terzi, staccati, gli Endovein, della serie: “punta tutto sull’entusiasmo e sul coinvolgimento e spaccherai”. Una band che ha i numeri per fare bene in futuro. VOTO: 75
Quarti a ridosso dei thrashers torinesi i Sakahiter. Fuori contesto, messi in apertura e d’estate, hanno fatto tutto quello che potevano fare. Prestazione indomita e stoica, nonché musicalmente interessante. VOTO: 72
Quinti e pochissimo staccati gli Antropofagus: musica ok, ma l’interazione col pubblico è sempre necessaria, altrimenti ci addormentiamo. Occorre personalità anche come approccio da live e non essere il solito gruppo che suona e basta. VOTO: 70
Chiudono gli Extrema, per i motivi suddetti, (VOTO: 60) e i Master, autori di una prestazione sicuramente difettata da problemi di suoni, ma che comunque era talmente grigia e anonima da farmi venire alcuni dubbi non da trattare in questa sede (VOTO: 50), sempre che questo non sia un flop saltuario da evitare in fretta.

Questa edizione dell’Armageddon in the Park è riuscita appieno sotto il punto di vista della musica proposta, a parte i personalmente non graditi Extrema e la delusione dei Master. Molto buona anche l’organizzazione, che ha riservato un interessante spazio all’underground locale e non, ed ha rispettato gli orari, mantenendo sempre tutto a regola e sotto la massima disciplina. Davvero ben fatto.
Per i metallari del centro Italia il prossimo appuntamento è al Valley Under Siege a Frosolone, in provincia di Isernia.

 

Immagini della Serata

 

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