Indivia «Horta» (2016)
Recensione
Il trio padovano degli Invidia, autori di un particolare stoner doom metal, presentano questo secondo lavoro intitolato “Horta” a distanza di circa due anni dall’esordio “Belladonna”; la band, forte tra l’altro anche di una protagonista tutta al femminile dietro la batteria, offre un sei tracce strumentale con un sound decisamente arido ed a tratti polveroso e refrattario nei contenuti; ciò che attrae subito l’ascoltatore, al di là di una più che rispettosa modulazione derivante da quella buona miscela sonora tra effetti refrattari derivanti dai distorti stoner unificati alle andature lente del doom, è la nitidezza del sound frutto di una buona produzione; a dare apertura a quasi tutti i brani è l’incredibile forza del basso che sembra dettare legge in maniera esemplare. La band, pur trovando ispirazione su Black Sabbath, Sleep, Conan, Karma at Burns, genera alcuni brani con contenuti più fantasiosi rispetto ad altri grazie anche dall’inserimento di contesti psichedelici e sperimentali dall’esito soddisfacente. “Dharma” è il primo dei sei brani che offre subito quell’insieme di elementi caratteristici dello stoner; un basso nitido il giusto apre la ritmica e il relativo accompagnamento dando luogo ad un’andatura decisamente piacevole nei contenuti; è poi la volta di “The Green Planet” altro giro di basso con effetto wah wah incorporato porta ad una successiva apertura maggiormente accentuata nel sound rispetto al brano precedente rendendo il tutto grazie alle sue variazioni ritmiche pregne di distorti e quant’altro un effetto quasi inaspettato; il brano si concentra nella sua seconda parte in un’andatura decisamente più doom; è “Hyperion” il brano più lungo di questo platter con oltre sette minuti di ascolto nonché quello decisamente più cupo nei contenuti pregno di contesti sperimentali e psichedelici come si affermava in apertura; il brano aumenta sempre più di intensità quasi a voler far cadere l’ascoltatore nel suo vortice improvvisamente sferzato da un giro di basso che fa mutare poi immediatamente direzione all’interamente direzione all’intero brano; l’ascolto prosegue con “Shogun” altra buona pista concentrata anche in questo caso, su elementi psichedelico sperimentali su base più doom nella sua prima parte e successivamente più accelerata nei contenuti avvicinandosi in qualche modo più direttamente il Black Sabbath. In “Ciò che tradisce” un basso quasi refrattario con un’altrettanta ritmica dinamica nell’esecuzione caratterizza l’intero brano che si mantiene piuttosto costante nei contenuti. Si ha poi il conclusivo “Re-Growth” che genera un’ andatura decisamente più fantasiosa e maggiormente coinvolgente rispetto al precedente brano. Un lavoro che, oltre ad avere una buona produzione alle spalle, dimostra una discreta vena creativa della band caratterizzata dal saper bene miscelare e generare un sound decisamente appetibile nei contenuti.
Track by Track
- Dharma 75
- The Green Planet 75
- Hyperion 75
- Shogun 75
- Ciò che Tradisce 65
- Re-Growth 75
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 75
- Qualità Artwork: 75
- Originalità: 80
- Tecnica: 80
Giudizio Finale
75Recensione di Wolverine » pubblicata il 18.09.2016. Articolo letto 1982 volte.
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