Last Rites «H.A.T.E.» (2006)

Last Rites «H.a.t.e.» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Ernando »

 

Recensione Pubblicata il:
--

 

Visualizzazioni:
2032

 

Band:
Last Rites
[MetalWave] Invia una email a Last Rites [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Last Rites [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina Facebook di Last Rites [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina MySpace di Last Rites [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il canale YouTube di Last Rites [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina ReverbNation di Last Rites [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina SoundCloud di Last Rites [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina BandCamp di Last Rites

 

Titolo:
H.A.T.E.

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
Libu - Bass
Dave - Guitar,vocals
Laccio - Drums
Jan - Lead Guitar

 

Genere:

 

Durata:
19' 36"

 

Formato:

 

Data di Uscita:
2006

 

Etichetta:

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Death con palesi riferimenti al thrash per questa formazione savonese dall’indiscusso talento che trova ispirazione nei mostri sacri del panorama internazionale: Morbid Angel, Death, Carcass e Arch Enemy su tutti. Quindi parliamo di un death molto tecnico in cui le trame sonore non sono ripetitive ma sempre variegate e complesse; altra caratteristica è la melodia, presente soprattutto negli assoli. Il platter esordisce con una song degna dei migliori Death, quelli del periodo iniziato con Individual Thought Patterns, e lo fanno con chiari riferimenti e con un drumming violento e preciso tanto da seminare il dubbio che dietro alle pellii ci sia Gene Hoglan; anche le vocals sono ispirate dalla stessa band, alternate ad un growling più cupo e cavernoso. Il secondo capitolo ricalca lo stesso modo di cantare e le stesse sonorità di quello precedente; da sottolineare positivamente il break e, in particolare, l’assolo figlio della seconda ondata thrash Bay Area. Leggermente più canonica delle precedenti risulta The Devil’ Son ma che, allo stesso modo, lesina potenza tecnica e ispirato songwriting. La traccia successiva comincia come Harvester of Sorrow dei Metallica, ma è solo una citazione momentanea prima che la canzone si scateni in una cavalcata alla Carcass periodo Hatework, sgravando sull’ascoltatore una caterva di riff e assoli dal valore assoluto. Il lavoro si chiude con una canzone, la più violenta del lotto, dal titolo esplicativo, Grind, ibridata col Brutal Death ma che fa trasparire, ad ogni modo, la personalità di questi Last Rites che hanno la sola pecca di aver prodotto un mini anziché un full-lenght.

Track by Track
  1. Equilibrium 83
  2. Screams of Death 84
  3. The Devil's Son 80
  4. Evil Inside 81
  5. Grind 74
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 84
  • Qualità Artwork: 86
  • Originalità: 63
  • Tecnica: 85
Giudizio Finale
80

 

Recensione di Ernando » pubblicata il --. Articolo letto 2032 volte.

 

Articoli Correlati

News
Live Reports
Concerti