Return From The Grave «Gates of Nowhere» (2014)
Recensione
Secondo album per I Return from the grave da Venezia, band che stando alla copertina sembrerebbe fare qualcosa tipo Black Metal, ma che in realtà in queste 6 tracce più intro propone (cito la bio) un mix tra i Black Sabbath degli anni 70 e un stoner/doom orientato verso il metal, e completamente registrato in analogico.
E che è registrato in analogico si sente: i suoni in effetti sono abbastanza curati eppure non moderni, la qualità sonora è caliginosa, non molto nitida soprattutto per quel che riguarda la voce, sfocata e con molto eco, dando al disco effettivamente un sound di antico che però ad essere sincero l’ho trovato poco conforme alla loro musica, che invece per me necessitava dei buoni cari sounds polverosi alla Kyuss. Poco male: il disco è ben composto, molto bene. Le canzoni scorrono fluide, presentano delle parti rock all’inizio della seconda canzone e alla fine dell’ultima, citando effettivamente i Black Sabbath come numi tutelari del loro songwriting, ma poi a mio avviso all’interno delle canzoni ci sono degli alti e bassi: “Words in words” infatti all’inizio convince, ma poi rallenta e qui sinceramente la differenza di qualità tra come suonavano prima e in questo rallentamento si sente. “Center of the will” invece fa il contrario: parte benino ma niente di che, e solo da 4 minuti in poi mi piace proprio. Si devono aspettare “The rage of rays” e “Uncovered fate” per arrivare a delle canzoni del tutto soddisfacenti per me, ma qui il paragone con i 70ies sembra venire meno ed è qui, come detto sopra, che la ricerca di una qualità sonora proprio in quello stile mi va a sembrare ridondante. Conclude una “River in the sky” della quale di seventies ci ho sentito proprio poco, anche se il brano è bello, e l’ultima “Inside human’s soul” più rock e a volte ipnotica.
Termina il disco, e mi rimane un senso di stranezza. Dopo un po’ di ascolti, arrivo alla conclusione che la qualità sonora così old fashioned forse confonde più che esaltare le composizioni dei Return from the grave e le camuffa un po’ troppo, dando all’album uno sgradevole senso di “seventies wannabe” che personalmente non ho apprezzato, anche perché poi da questo è facile trarre paragoni con bands veramente degli anni 70, e qui i nostri veneziani non possono che uscire sconfitti. In altre parole, “Gates of nowhere” è un buon album in realtà, ma scelte formali dell’album così calcate mi sono sembrate ridondanti e pretenziose, come se ci si dovesse ostinare a suonare all’ombra di un stereotipo musicale, invece di farlo proprio. Per questo motivo io lo trovo abbastanza buono, ma non di più, e in conclusione, se siete fans dello stoner rock, doom e derivati vari, l’acquisto può essere senz’altro consigliabile, ma ne consiglio un ascolto preventivo, poiché sono convinto che la veste sonora qui usata e anche certe lacune di originalità possano non andare giù a tutti, anche se fans del genere.
Track by Track
- Intro S.V.
- Words in words 65
- Center of the will 70
- The rage of rays 75
- Uncovered fate 75
- River in the sky 65
- Inside Human's Soul 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 60
- Qualità Artwork: 65
- Originalità: 70
- Tecnica: 70
Giudizio Finale
69Recensione di Snarl » pubblicata il 17.11.2014. Articolo letto 2062 volte.
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