Sette Passi «Liberi Prigionieri» (2007)
Sette Passi
Titolo:
Liberi Prigionieri
Nazione:
Italia
Formazione:
Macs :: voce
Luca Revolver :: chitarra
David Foureyes :: batteria
Anna d'Urto :: basso & tastiera
Genere:
Durata:
20' 49"
Formato:
2007
Etichetta:
Distribuzione:
---
Agenzia di Promozione:
---
Recensione
“Liberi prigionieri” rappresenta l’album d’esordio dei Sette Passi, gruppo friulano attivo dal 2005 e sulla quale s’intreccia la fusione di metodi classici con tendenze metal.
Nel 2006, la band dapprima aveva già coniato una demo e con una serie di esperienze live, decide di puntare tutto sulla composizione di propri pezzi e repertorio fin da subito, con testi esclusivamente in italiano che vanno a dilatarsi su più argomenti, insiti nella nostra quotidianità; si passa dai valori come la libertà, la famiglia e il rispetto, a temi caldi e d’attualità come la guerra e le sue violenze, nonché le difficoltà del pianeta femminile ad integrarsi all’interno d’un mondo frenato da dogmi e tradizioni imposte dalla storia dei secoli.
Dunque dopo circa un anno arrivano alla formalizzazione del loro primo prodotto, un risultato che ha consentito la nascita della loro prima demo per l’appunto, una realizzazione che contiene 5 brani.
Poco dopo un successivo cambio di line up rinforzerà ulteriormente quella che già era una salda volontà nel proseguire il progetto sull’onda dell’Hard Rock.
Si arriverà all’esperienza maturata nel settembre 2007 con l’uscita del primo album “Liberi Prigionieri” che costituisce un’appropriata miscela di Rock tutto italiano, melodico e incisivo, condito da varie influenze e sfumature metal anni 80’.
Lesta ed abile è la capacità di convogliare numerosi caratteri dall’Heavy Metal stile Iron Maiden, all’Hardcore in alcuni tratti, per tornare al buon vecchio e caro Rock. Inoltre intraprendenza e carica sono i segni distintivi del gruppo e colpiscono subito, oltre che le tematiche che viaggiano in un turbinio d’emozioni condite da una sana punta d’ironia, che ha l’effetto di lievitare ulteriormente l’attenzione del pubblico. Un punto importante che può fare breccia specie nei live a contatto col pubblico.
I quattro componenti si dipanano secondo queste caratteristiche.
La voce del gruppo, nonché leader è senza dubbio Macs che alterna con facilità parti melodiche e suadenti a parte nel quale deve assecondare ritmi molto elevati e scanditi dall’evidenza degli assoli ben assortiti, con la sua voce. Riesce senza particolari difficoltà a mantenere stabilità nella voce lungo la durata dei pezzi, alle spalle denota probabilmente un certo allenamento.
Alla chitarra Luca Revolver che come accennato poco prima, esercita un ottimo ascendente collegandosi e accompagnando quasi in simbiosi la voce del cantante, strutturato in modo tale da risultare piacevole e fluido nello scorrimento sempre ben inserito all’interno di una sezione ritmica che si muove sull’estro della band.
Alla batteria si colloca David Foureyes, anche lui abile ad interpretare il suo ruolo riuscendo a plasmare, un suono piuttosto artigianale, unito all’esperienza e all’abilità delle chitarre in distorsione e del basso.
In ultima istanza, non certo da meno però, si colloca la ragazza del gruppo, Anna d’Urto, nel ruolo di bassista e tastierista. Anche lei si distingue, mostrando abilità tecnica e duttilità, in grado di conformarsi senza particolari patemi alle sonorità espresse dal resto del gruppo, in particolare con l’uso del basso, che picchia senza fine in ogni traccia.
Dalle caratteristiche e dall’abilità forgiata dal tempo e dai numerosi concorsi e live a cui hanno preso parte non sorprende dunque la buona riuscita del prodotto “Liberi Prigionieri”.
Un risultato che appare dunque come una rivisitazione di sonorità classiche del rock, unite all’heavy metal anni 80’, ma che va al di là districandosi da quei canoni stabiliti ed elaborando qualcosa di originale, riuscendo a collegarsi su influenze variopinte più legate anche a sound più recenti. La band non tende semplicemente a ricalcare i fasti, le “geometrie” di quel tempo, ma coglie l’occasione e getta lo sguardo avanti, provando a creare loro un proprio standard.
Ecco dunque che siamo all’esplorazione di questi cinque pezzi.
Il brano d’apertura si colloca immediatamente come ispiratore del titolo stesso dell’album per l’appunto “Liberi Prigionieri”. Questa introduzione ci è annunciata sulle note di pianoforte messe a punto da Anna d’Urto. Note di requiem, paiono esser spinte da malinconia, che pare foschi tragedia. Tuttavia nel breve spazio di questi intensi attimi, questo senso di privazione e d’abbandono, è divorato dal graffio delle chitarre e da una batteria spettacolare, un esplosione che mostra tutte le sue peculiarità e segue la stessa cadenza per tutta la durata della traccia. Una voce che ben si adatta al suono proposto dalle chitarre e dall’accompagnamento di basso e batteria. La prima d’apertura prosegue poi sulla stessa lunghezza d’onda, parti melodiche unite a riff potenti, per arrivare poi ad un passaggio poco fluido ma molto intenso, un assolo di chitarra che copre pure gli altri strumenti.
La seconda traccia intitolata “Rispetto”, verte su passaggi veloci, senza stacchi improvvisi e appariscenti, ma lascia spazio ad una sezione ritmica irriverente, con una degna affermazione del basso, che qua trova la sua dimensione. Si muove su una linea Punk gradevole ed è condotta agilmente dal solito duopolio integrato da batteria e chitarra. E’ forse il miglior pezzo del lotto.
Il terzo passo è rappresentato da “I ricordi di Alice” un brano emozionante che scava un solco nel nostro profondo, strutturato delicatamente in una semi-ballad, dove pregevole è il lavoro della chitarra ma anche l’interpretazione data dalla voce di Macs. La melodia e il pensiero che corre via con se fanno da padrone. Anche questo pezzo risulta essere molto piacevole ed è una alternativa valida che va fuori dagli schemi tipici usati finora.
Nella quarta traccia si ritorna a picchiare, con “Revolver”. E’ sintomatico fin dal primo secondo ascoltare quella voce isterica che introduce la canzone e che recita “..io vi ammazzo tutti bastardi..”, un chiaro intento di rimpinguare antichi sceneggiati anni 70’. Ma prendendo spunto da ciò si ottiene un ottimo brano veloce e martellante, di diretto impatto che non può che scatenare lo stesso ascoltatore. Grandi i virtuosismi alla chitarra e al basso.
L’ultimo pezzo, “Il volo di Icaro” è un concentrato d’energia, anche più della stessa Revolver, pare esser più sul thrash stesso, che sulla linea guida che ha caratterizzato finora le sonorità del gruppo. Un pezzo molto complesso e articolato nel quale pressappoco l’intera esecuzione è ben architettata tra basso funky, chitarra coi suoi riff sempre potenti e batteria mai doma, da notare anche gli inserimenti di tastiera che riescono a sondare il terreno per l’avvento del classico riff. E’ un volo dinamico che lascia senza fiato, con un ritmo incessante ed una voce prorompente e accattivante.
A margine, da notare l’ottima qualità della produzione e della registrazione che è molto più che apprezzabile.
In conclusione è un album nel quale è difficile trovare difetti. Forse l’unico vero problema consiste nel fatto che questo genere di cui la band si occupa è una tipologia che già è stata scavata a fondo negli anni e sembrano oramai essersi esauriti possibili spunti d’interesse in chi riprende canoni già definiti nel tempo da chi ha preceduto il loro passaggio.
Tuttavia “Liberi Prigionieri” mostra peculiarità del tutto evidenti. L’energia, l’esperienza e il talento sono importanti ma non tali da fare tale differenza, spesso invece la soluzione sta nell’evoluzione. Ad esempio trovare tratti quali testi provocatori e irriverenti tende ad affascinare l’ascoltatore e magari anche a farlo riflettere. L’album è ben strutturato e rappresenta con velo d’ironia la realtà in tutte le sue difficoltà. Uno sguardo verso una realtà opprimente, che però funge anche da monito verso tutti coloro che alla sostanza e non alle apparenze nel quale l’uomo giace, attribuiscono ancora più importanza.
Track by Track
- Liberi Prigionieri 80
- Rispetto 80
- I ricordi di Alice 80
- Revolver 75
- Il volo di Icaro 75
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 80
- Qualità Artwork: 75
- Originalità: 80
- Tecnica: 80
Giudizio Finale
78Recensione di Ryosaku » pubblicata il --. Articolo letto 748 volte.
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