Kameliah «K» (2006)
Kameliah
Titolo:
K
Nazione:
Italia
Formazione:
Marco Alessi: batteria
Massimo Volpe: basso
Alessandro Filzi: chitarra
Alessandro Ciani: chitarra
Lucio "K" Maurizi: voce
Genere:
Durata:
29' 43"
Formato:
2006
Etichetta:
Distribuzione:
---
Agenzia di Promozione:
---
Recensione
I Kameliah sono una band romana formatasi nel 2004 e che ha subìto diversi cambi di line up e di direzione musicale, cambiamenti che hanno interessato tutti i componenti ad esclusione del cantante K e di Paolo Ventura, che nella bio viene citato come parte integrante del gruppo, anche se appare solo nella veste di PR. Nel Marzo del 2006 la band trova finalmente una formazione stabile, e rapidamente entra in studio per registrare l’EP in questione: il presente “K” appunto. Il dischetto si presenta con un artwork discreto, che rappresenta un fiore che brilla in un paesaggio oscuro e deserto. I Kameliah suonano death metal melodico, di scuola svedese, quello che andava molto di moda poco più di una decina di anni fa, creato e portato alla ribalta dalla sacra triade At The Gates-In Flames-Dark Tranquillity e poi reinterpretato da decine di band, scandinave ma non solo, talune di buona qualità, la maggior parte decisamente trascurabili. Anche in Italia lo Swedish Death Metal ebbe molti epigoni, la moda è un po’ passata ma forse rimane il genere che, insieme al power, è il più rappresentato dalle band metal italiche underground. Questi cinque ragazzi fanno propri la maggior parte degli stilemi classici del genere: chitarre che passano da un riffing thrash a melodie armonizzate debitrici della NWOBHM, parti acustiche e malinconiche, ricerca della melodia nelle parti vocali e una certa inflessione “prog” data da qualche struttura obliqua e da cambi di tempo e atmosfera. In più i nostri ricorrono a un utilizzo della voce che si è imposto nel genere con la seconda ondata death di Goteborg e dintorni, in particolare con i Soilwork: melodie eseguite da clean vocals, doppiate e mescolate con gli screaming e growl più classici. Questo per dare un quadro abbastanza chiaro del genere proposto dalla band romana, parliamo ora più in dettaglio del contenuto di questo “Kameliah”. I suoni sono abbastanza buoni per un CD autoprodotto, la batteria è un po’ troppo piatta e “finta” ed il basso non si sente molto, ma il complesso è più che sufficiente, tutto si distingue bene anche se l’impatto non è deflagrante come dovrebbe per giovare al risultato finale. Buona la prova di tutti i musicisti, che mostrano una discreta padronanza degli strumenti, suonando belli precisi e creando arrangiamenti interessanti. La voce mi ha lasciato invece un po’ perplesso, viaggia in tutti i registri dell’estremo, da un growl molto gutturale a uno screaming teso, ma non sempre risulta convincente, spingendosi a volte un po’ oltre e risultando troppo “esasperata”. Talvolta non si capisce se è un limite della registrazione o dell’effettiva prova vocale, non stiamo parlando di terribili strafalcioni ma di imprecisioni che, se in sede live ci possono stare, in una registrazione si notano risultando fastidiose. Lo stesso dicasi per le clean vocals che andrebbero curate di più, soprattutto a fronte della parte strumentale sempre ricercata e ben eseguita. Il disco si apre con “Counting Down to Genocide”; un buon mid tempo dove si mostrano tutte le caratteristiche sopra citate, con tanto di accelerazione e breve parte sussurrata, un po’ prolisso il finale. Il secondo brano è “Roma” uno degli episodi meglio riusciti, un intro in crescendo che sfocia in un up-tempo vario e ben costruito, con un buon ritornello dove però le clean vocals continuano a non convincermi, al centro mi spettavo un bel solo, ma va bene pure così. “Collapse” è il terzo brano, numerosi i cambi di umore che spezzano la struttura e la rendono varia, buon pezzo. Si passa poi a “Me Vs Myself”, l’intro “marziale” porta a un brano dove parti rabbiose e altre arpeggiate e con clean vocals si alternano in un insieme ben costruito. “KH” si presenta come una ballad malinconica che alterna a questa malinconia esplosioni di rabbia culminanti nei ritornelli. Bello il solo, nel finale il pezzo si perde un po’. La sesta track è “Wrath Of God”, il pezzo più tirato del disco, scorre liscio, con un buon break acustico al centro. La chiusura del disco è affidata a “Shura’s Born”, altro pezzo bello lanciato,che si perde di nuovo in un finale un po’ troppo sopra le righe. I Kameliah giocano bene sulle melodie chitarristiche ( mi sarebbero anche piaciuti più soli qua e là, ma è solo gusto personale), sulle parti più acustiche di atmosfera e sulle parti vocali melodiche, mentre risultano un po’ dispersivi e sconclusionati su quelle più dure. Il risultato è nel complesso abbondantemente sopra la sufficienza, e sarà un gradito ascolto per chi si ciba di Swedish Death. Ci sono buoni spunti ma anche qualche passaggio a vuoto che si può risolvere certamente con l’esperienza. La band si sforza di cercare un percorso personale, miscelando e sintetizzando le tendenze tracciate dai capisaldi del genere, anche se per ora la loro ombra è ancora presente. Le potenzialità ci sono tutte, c’è solo da lavorarci su, ci vuole quell’identità o quel quid che li possa innalzare dalla pletora di band che suonano questa musica.
Track by Track
- Countig Down To Genocide 65
- Roma 75
- Collapse 70
- Me Vs Myself 70
- KH 65
- Wrath Of God 70
- Shura's Born 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 65
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 65
- Tecnica: 70
Giudizio Finale
69Recensione di Maglor » pubblicata il --. Articolo letto 1068 volte.
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