Khaosphere «Entering The Khaosphere» (2006)

Khaosphere «Entering The Khaosphere» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Maglor »

 

Recensione Pubblicata il:
--

 

Visualizzazioni:
1290

 

Band:
Khaosphere
[MetalWave] Invia una email a Khaosphere [Link Esterno a MetalWave] Visualizza il sito ufficiale di Khaosphere [Link Esterno a MetalWave] Visualizza la pagina Facebook di Khaosphere

 

Titolo:
Entering The Khaosphere

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
Claudio Rodia: Voce
Antonio Mele: Chitarra
Enrico Ronchi: Tastiera
Vito de Michele: Basso
Guido Penta: Batteria e Percussioni

 

Genere:

 

Durata:
20' 31"

 

Formato:

 

Data di Uscita:
2006

 

Etichetta:

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

I Khaosphere sono una formazione nata nel 2004 con l’intento di creare e proporre musica estrema con le più varie influenze e contaminazioni, influenze che vanno dal death al black passando per l grind la musica classica, l’elettronica, il jazz e tutto quello che gli passa per la testa. Queste intenzioni si concretizzano nel demo qui recensito, registrato al Jolly Roger Studio di Casamassina (BA) che, a quanto leggo dalla bio, contiene 6 tracce per 33 minuti di musica. Dico “leggo dalla bio” perché la versione che è stata mandata alla redazione e che quindi sto per recensire è quela promozionale che contiene solo tre tracce. Si aprono le danze con “Khaophere” il pezzo è molto articolato, con numerosi cambi di tempo e di umore, io direi che si può parlare di Tehno-death dove le influenze principali mi paiono essere Cynic, Atheist, Suffocation e Pestilence e Opeth per le parti più “horror” e atmosferiche con dissonanze e rallentamenti. La tecnica strumentale dei quattro è buona, e la perizia più che in fase di virtuosismo si nota nella costruzione di partiture oblique, dissonanze e cambi di tempo quasi sempre ben riusciti. Ho buttato lì un quasi perché qualche passaggio un po’ troppo macchinoso qua e là ancora c’è. La sezione ritmica lavora decisamente bene, anche se non ha quei picchi tecnici da lasciarti senza fiato che si sentono spesso nel genere. La chitarra macina bene i sui riff arricchisce qua e là con partiture acustiche le parti più lente. Bello il lavoro della tastiera, sia nelle parti “soliste” che in quelle di riempimento e più “rumorista” con svariati effetti e dissonanze. La voce è un growl profondo e cavernoso, decisamente efficace anche se un po’ statico. Purtroppo il tutto è un po’ penalizzato dalla registrazione, onesta per un demo, ma un tantino impastata. In definitiva i quasi sei minuti del pezzo scorrono via più che bene. “Born in chains” svela in maniera più chiara quelle influenze vantate nella bio. Si parte con un tempo staccato eseguito su accordi jazz poi il pezzo entra in territori più propriamente death,anche se non lanciato a velocità folli, con il caro vecchio growl che la fa da padrone e la tastiera che si alterna tra accompagnamenti simil archi e un suono che ricorda il sitar. Il pezzo è molto variegato, c’è uno stacco molto Cynic-style per poi passare a un blast-beat per poi tornare alla ritmica dell’intro su cui un pianoforte stende melodie dissonanti con tanto di delirio chitarristico e si riparte. C’è poi molto complessa quasi rumorista e via di blast beat, per finire si chiude in mid tempo con melodie di chitarra. Un pezzo certo di non facile ascolto, grande è lo sforzo per creare una musica personale e a suo modo innovativa ed in parte questo risultato viene centrato, è innegabile però che ci sia da lavorare per dare più coesione. Pezzo estremamente interessante comunque. Il CD in mio possesso si chiude con “Il giardino della disarmonia”, si parte con un suono di snow-crash e si arriva presto a un arpeggio di chitarra su cui si poggia il lavoro di un contrabbasso (suonato da Davide Penta), su questo tappeto viene recitata una poesia (in italiano), recitata da Rocco Capri Chiumarulo, tra il simbolico e il decadente, che sinceramente non ho trovato particolarmente interessante, terminata la poesia esplode una musica dissonante ma non violenta. Poi il pezzo procede tra pregevoli fraseggi chitarristici (dell’ospite Damiano Lomolino) puliti e parti di tastiera atmosferica, con un parlato sussurrato in inglese. Finale in snow crash e delirio di vocine, suoni e rutti che ruotano intorno all’esplosione dell’uccellino di Del Piero, a conferma del disagio mentale (in senso goliardico ovviamente) di questi folli individui. Non male ma secondo me il pezzo meno convincente dei tre. Traendo le conclusioni si tratta di un lavoro interessante, in cui si apprezza in particolare lo sforzo, parzialmente riuscito, di creare uno stile personale e inedito; degna di nota anche la prova dei singoli sminuita in parte dalla registrazione, dignitosa ma nulla più. I pezzi sono buoni anche se a parer mio ci sono da smissare alcune asperità e rendere il tutto più fluido, coinvolgente e emozionante. L'artwork è discreto ma forse non rende pienamente l'aggressivata espressa dalla musica della band, è più su toni tristi, maliconici. Toni questi si presenti nella proposta musicale ma non certo preponderanti. Sicuramente una prima uscita più che buona che consiglio a tutti i metallari open-minded e ai fan del techno-death e della musica cervellotica e particolare in genere. Vi consiglio pure di andare al contatto segnalato sopra dove è disponibile il download di alcuni brani.

Track by Track
  1. Khaosphere 75
  2. Born in Chains 80
  3. Il Giardino della Disarmonia 65
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 70
  • Qualità Artwork: 65
  • Originalità: 90
  • Tecnica: 85
Giudizio Finale
76

 

Recensione di Maglor » pubblicata il --. Articolo letto 1290 volte.

 

Articoli Correlati

News
Recensioni
  • Spiacenti! Non sono disponibili Recensioni correlate.
Live Reports
Concerti